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Coronavirus, l’epidemiologo La Vecchia: «I contagi reali in Italia? Sono il doppio di quelli registrati»

06 Febbraio 2021 - 13:00 Redazione
Secondo il professore, questo spiegherebbe l'elevato numero di decessi a fronte del calo dei nuovi casi: «Tante persone senza o con pochi sintomi non vengono intercettate»

Attualmente i decessi per Coronavirus in Italia sono oltre 90 mila. Ogni giorno si contano più di 300 morti, spesso più di 400. Se il bilancio continua ad essere così alto, nonostante il calo dei nuovi casi giornalieri, è «anche perché il numero dei casi che vediamo è inferiore a quello effettivo». A dirlo è Carlo La Vecchia, ordinario di epidemiologia a Milano in un’intervista a la Repubblica: «La mia stima è che oggi in Italia ci siano il doppio dei positivi di quelli che intercettiamo, cioè circa il 2% degli abitanti, un milione di persone. Questo perché ci sono tanti senza o con pochi sintomi che non vengono intercettati».

Ansa | Carlo La Vecchia

L’incidenza sui futuri decessi, dice il professor La Vecchia, non è questione di età, la cui media è uguale grossomodo ovunque, ma l’inadeguatezza del sistema sanitario pubblico che già all’inizio non aveva risorse utili per farsi carico di un’emergenza di tale portata. «A primavera la medicina del territorio in Paesi come il nostro o la Gran Bretagna aveva strutture inadeguate. Da noi i medici di famiglia gestiscono il flusso terapeutico inviando allo specialista i malati seri, e quindi avevano strutture inadeguate a gestire una malattia grave come il Covid. E non dimentichiamo il sottofinanziamento del sistema sanitario dalla crisi del 2008 in poi», ha detto La Vecchia.

«A marzo e aprile non abbiamo intercettato almeno 17 mila morti oltre a quelli registrati per Covid»

E poi «siamo stati il primo Paese fuori dalla Cina a dover fronteggiare il Covid. Eravamo impreparati e a marzo e aprile non abbiamo intercettato almeno 17 mila morti oltre a quelli registrati per Covid in quei mesi». L’attività di tracciamento, secondo La Vecchia, viaggia a regime. «Ora facciamo tanti tamponi, il tema era cruciale in marzo e aprile», ha detto l’ordinario di epidemiologia. Che ha poi sottolineato: «In autunno abbiamo fatto ogni giorno tra 150 a 250 mila test. Un problema italiano, e di tutti i Paesi occidentali, è stato quello di lasciare a casa i positivi e i malati lievi, che hanno contagiato tutta la famiglia. Quindi l’idea di estirpare l’epidemia con testing e tracing non ha funzionato».

I nostri dati sui morti potrebbero essere più alti anche perché si conteggiano in modo diverso? «I Paesi seguono il criterio dettato dall’Oms: il Covid ha la priorità rispetto ad altre malattie. Se sul certificato di morte ci sono più cause, anche tre o quattro, tra le quali anche il Covid, il sistema automatico attribuisce il decesso a quella patologia. Non è una regola sbagliata, è vero che i morti hanno anche altre malattie ma sarebbero sopravvissuti mesi o anni senza il Covid. Forse un po’ di sovra certificazione c’è ma è un fenomeno presente in tutti i Paesi».

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