Coronavirus, in Cina crollo delle nascite per la pandemia. Regno Unito pronto a una nuova stretta sugli arrivi

Nel 2020 il numero di neonati nel Paese è calato del 15%. Pesa l’impatto economico del virus. A Londra il governo mette a punto le prossime restrizioni: saranno necessari due tamponi durante l’isolamento

CINA

EPA/YUAN ZHENG CHINA OUT | Un’ostetrica si prende cura di un neonato in un ospedale di Wuhan, Cina.

Una popolazione in rapido invecchiamento

Nel 2020 il numero di neonati in Cina è crollato del 15% rispetto all’anno precedente. Il dato, reso noto dal Ministero della Pubblica Sicurezza, è riconducibile all’insorgenza del Coronavirus e ai suoi effetti sull’economia, come rileva l’agenzia Reuters. La Cina ha registrato complessivamente 10,035 milioni di nascite l’anno scorso, contro gli 11,79 milioni del 2019. Il trend affonda le proprie radici anche in altri fattori, evidenzia il Guardian. Negli ultimi anni, molte coppie sono state riluttanti ad avere figli a causa dell’aumento dei costi dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione e degli alloggi. Tuttavia, le incertezze economiche scaturite dalla pandemia hanno pesato in maniera decisiva sul tasso di natalità nella nazione più popolosa del mondo ma in rapido invecchiamento. Circa un quinto dei cittadini cinesi ha più di 60 anni, ovvero circa 250 milioni di persone.


REGNO UNITO

EPA/NEIL HALL | Un tabellone mostra gli arrivi all’aeroporto di Heathrow, Londra.

Il pressing di scienziati e parlamentari

Il governo britannico è pronto ad annunciare una stretta sugli arrivi nel Regno Unito questa settimana, con l’obiettivo di ridurre il rischio che nuove varianti Covid entrino nel Paese. Tutti i passeggeri in arrivo sul suolo britannico saranno testati il secondo e l’ottavo giorno del loro isolamento, indipendentemente dal Paese di provenienza e dal fatto che siano a casa o in quarantena. Il Regno Unito richiede già a tutte le persone in entrata di avere un test Covid negativo nelle ultime 72 ore, fatto mentre sono ancora all’estero.


Negli ultimi giorni, come ha riferito il quotidiano The Guardian, si sono moltiplicati gli appelli di scienziati e parlamentari affinché il governo metta in campo restrizioni alle frontiere. Ieri, 8 febbraio, il premier Boris Johnson ha ammesso che i controlli alle frontiere potrebbero essere resi più severi, pur precisando che «sono più efficaci quando hai un tasso di infezione ridotto nel tuo Paese». «Affinché i controlli alle frontiere facciano realmente la differenza è necessario che le infezioni siano davvero molto più basse». Ieri, per la prima volta dopo diverse settimane, sono tornati sotto quota 15.000 (14.104) i nuovi contagi da Covid nel Regno Unito.

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