Regno Unito, l’ordine shock ai medici di terapia intensiva: «Non rianimare i pazienti Covid con disabilità mentali»

L’ente di volontariato inglese Mencap denuncia la pratica discriminatoria in ospedali e case di cura. Nell’ultimo mese Covid-19 ha rappresentato il 65% dei decessi di persone con difficoltà di apprendimento

È stata la Royal Mencap Society a denunciare il fenomeno scoperto nei reparti di rianimazione del Regno Unito. L’ente di volontariato britannico che lavora con persone con difficoltà di apprendimento ha ricevuto diverse segnalazioni di una pratica ai limiti del discriminatorio. come riporta il Guardian: in caso di infezione da Covid-19 contratta, i pazienti con disabilità mentali non starebbero ricevendo dai medici alcuna pratica di rianimazione. Alla base di una simile scelta vere e proprie disposizioni interne di ospedali e strutture di cura che avrebbero ordinato a medici e infermieri di non intervenire in caso di complicazioni.


Già lo scorso anno La Care Quality Commission si era espresso in merito agli ordini diffusi da molte realtà sanitarie del Paese di non tentare la rianimazione cardiopolmonare su persone «troppo fragili». Alcune disposizioni erano state ritenute inappropriate rispetto alle specifiche condizioni di pazienti, «causando morti potenzialmente evitabili». Nelle ultime settimane però la denuncia di Mencap ha riguardato un ulteriore grave scenario.


«Durante la pandemia molte persone con disabilità di apprendimento hanno affrontato discriminazioni scioccanti e ostacoli all’accesso all’assistenza sanitaria, con avvisi inappropriati di non tentare la rianimazione cardiopolmonare (DNACPR) e di tagliare parte del supporto alla cura» ha raccontato l’amministratore delegato di Mencap Edel Harris.

Gli ordini di non rianimazione verrebbero dati a prescindere dalla capacità fisica di poter reggere una pratica simile, «disposti semplicemente perché si tratta di soggetti con disabilità di apprendimento». E alle denunce dell’ente di volontariato si associano anche dati e percentuali per nulla incoraggianti. Lo studio dell’NHS (National Health Service) britannico diffuso pochi giorni fa mostra come nelle cinque settimane dall’inizio del terzo blocco, il Covid-19 abbia rappresentato il 65% dei decessi di persone con difficoltà di apprendimento. I dati dell’Ufficio per le statistiche nazionali mostrano che il tasso per la popolazione generale era del 39%.

«Abbandonati anche per le vaccinazioni»

Ed è per queste percentuali che la questione si allarga anche sul fronte delle vaccinazioni. Secondo Public Health England, i giovani con difficoltà di apprendimento di età compresa tra i 18 ei 34 anni hanno una probabilità 30 volte maggiore di morire di Covid rispetto ad altri della stessa età. «Il Comitato per la vaccinazione e l’immunizzazione insieme al governo devono agire ora per aiutare a salvare le vite di alcune delle persone più vulnerabili della società dando urgentemente la priorità a tutte le persone con difficoltà di apprendimento per il vaccino» ha continuato Harris.

Sebbene alcune persone con difficoltà di apprendimento come la sindrome di Down rientrassero nelle categorie prioritarie stabilite Comitato congiunto per la vaccinazione e l’immunizzazione (JCVI), «molte persone della stessa categoria sono state classificate come pazienti di bisogno inferiori e in attesa». Un’analisi dell’Ufficio per le statistiche nazionali ha mostrato che su 6 decessi per Covid 10 erano di persone con disabilità.

«I medici spesso non capiscono che qualcuno con difficoltà di apprendimento potrebbe non essere in grado di comunicare i propri sintomi», ha spiegato al Guardian la dott.ssa Keri-Michèle Lodge, consulente in psichiatria a Leeds, «ci si sta dimenticando completamente di loro. Non so se il governo sia stato accecato o semplicemente negligente».

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