In Evidenza ENISiriaUSA
ATTUALITÀCoronavirusGuido BertolasoLombardiaSanitàVaccini

Bertolaso: «Lo so, mi spareranno addosso: ma dopo gli over 80 dobbiamo vaccinare chi lavora»

27 Febbraio 2021 - 11:27 Giada Giorgi
L'ex capo della Protezione civile e coordinatore della campagna vaccinale in Lombardia ribadisce la strategia da adottare contro la diffusione delle varianti: «Il lockdown non basta, sotto a vaccinare chi sta in fabbrica, nei bar e nei ristoranti»

Guido Bertolaso tiene il punto, entro giugno tutti i cittadini lombardi in potranno essere immunizzati. Una promessa che il coordinatore della campagna vaccinale anti Covid della Lombardia è ancora sicuro di poter mantenere nonostante le difficoltà logistiche e di fornitura avute finora. Ma c’è di più. La campagna anti Covid di una delle Regioni più colpite dal virus potrebbe stravolgere le priorità anagrafiche di vaccinazione optando, subito dopo gli over 80, per le somministrazioni al «mondo produttivo».

Nell’intervista al Corriere, l’ex capo della Protezione Civile ha dichiarato l’obiettivo di raggiungere per il mese di aprile più di 100 mila somministrazioni al giorno: «Questo significa che quei 6,5 milioni di lombardi dai 16 ai 60 anni potranno essere vaccinati entro 2 o 3 mesi». Un piano che per Bertolaso è pronto a rivalutare anche in termini di priorità di categoria. «Fermo restando che medici, infermieri e Rsa devono essere vaccinati, ci sta anche che si facciano gli over 80» ha detto, «ma poi non si può continuare a scendere seguendo la fascia anagrafica».

L’intenzione espressa durante la visita all’Eco di Bergamo sembra chiara: dopo gli over 80 le precedenze per età e categoria dovranno essere cambiate. «Lo so, mi spareranno addosso, ma questa cosa va detta, il mondo produttivo deve andare avanti. Quindi sotto con chi lavora, chi sta in fabbrica, chi si muove, chi non ha potuto lavorare in questi mesi come bar e ristoranti».

«Funzionerà ma ci arrivino le dosi»

Il grande ostacolo riconosciuto da Bertolaso per la realizzazione della strategia è quello della consegna delle forniture necessarie. «Tutto funzionerà a patto che gli arrivi delle dosi siano puntuali e rispettosi degli accordi presi». La speranza è anche quella dell’arrivo di nuovi sieri che possano incrementare la disponibilità. «Aspettiamo Johnson&Johnson, che prevede una sola dose. E poi anche Sputnik. Può decollare anche quello, se autorizzato».

La campagna di massa della Lombardia aveva iniziato giorni fa con numerose difficoltà logistiche, soprattutto nell’iter di prenotazione per gli over 80 su piattaforma e sms. Elementi che però sembrano non preoccupare troppo Bertolaso, convinto di una strategia d’emergenza in grado di fermare la terza ondata, ormai, secondo il coordinatore, già ampiamente cominciata in diverse zone della regione. «In provincia di Brescia non c’è alcun dubbio, siamo in piena terza ondata con un livello di incidenza che c’era a novembre in occasione della seconda» spiega il coordinatore, sottolineando come l’idea del cordone sanitario pensato per i comuni al confine tra Bergamo e Brescia sia al momento una delle soluzioni necessarie per arginare le mutazioni del virus.

«Prima dose per tutti»

Oltre ai vaccini che dovranno arrivare in tempo, la condizione necessaria per far funzionare la strategia è secondo Bertolaso quella di una singola dose per tutti. «Bisogna subito puntare sulla prima dose, lo sto dicendo da una settimana e mi pare che anche il presidente del Consiglio lo stia sottolineando» ha ribadito. «Se 100 dosi di vaccino le uso per 100 mila persone, non mi riduco a 50 mila per poi fare il richiamo». Il modello Regno Unito che tanto ha fatto discutere esperti e scienziati anche nel nostro Paese, ora potrebbe essere la strategia fondante della campagna lombarda.

La richiesta di autorizzazione a procedere è stata ufficialmente volta al ministero della Salute che attualmente è in fase di valutazione. «L’obiettivo, con la prima dose, è ridurre l’ospedalizzazione. È ciò che dicono i numeri di altri Paesi, come Israele» continua a spiegare Bertolaso, «c’è tanto di studio che dice che con la prima dose c’è copertura immunitaria». Un piano che, secondo quanto riconosciuto anche dal funzionario, non riuscirebbe ad estirpare completamente la malattia ma «ridurrebbe l’emergenza in corso in tempi brevi».

«Lockdown? Non basta»

Sul fronte restrizioni e lockdown per arginare le varianti, Bertolaso non sembra essere convinto dell’esclusiva efficacia. «Non si può continuare a chiudere e a limitare. Non basta» spiega, «sono un medico che si occupa di emergenza e in certi frangenti devi inventarti le armi per fronteggiare il nemico, come mi è successo anche in Sierra Leone per gestire l’epidemia di Ebola». Il punto è che le restrizioni non riusciranno davvero a contenere varianti così potenti nella capacità di diffusione: «Sono misure giuste ma il vaccino è la vera arma che va usata al meglio».

A questo proposito Guido Bertolaso ribadisce la decisione di utilizzare anche parte della fornitura di scorta lasciata in magazzino per i futuri secondi richiami. «Il governo a chiedere di fare scorte del 30% dei vaccini. In Lombardia ho deciso che quelle scorte vado a intaccarle, servono in tempo di pace, non di guerra come siamo ora».

Leggi anche:

Articoli di ATTUALITÀ più letti