È morto il dj Claudio Coccoluto, tra i più grandi alla consolle. Aveva 59 anni

Produttore e dj, Coccoluto era malato da diversi mesi. Fino all’ultimo si è impegnato per sostenere il mondo dello spettacolo, alle prese con la crisi per la pandemia

Il dj Claudio Coccoluto è morto questa mattina all’alba nella sua casa a Cassino, aveva 59 anni e da diversi mesi lottava contro la malattia. Considerato tra i migliori re della consolle, a livello internazionale, aveva esordito a soli 13 anni. Suonava, per hobby, nel negozio di elettrodomestici di proprietà del padre, a Gaeta. Poi nel 1978 entra in radio: con l’emittente locale Radio Andromeda, traccia i primi solchi della sua carriera. Dal 1985 diventerà Dj di professione. Conosciuto anche oltreoceano, Coccoluto è stato il primo Dj europeo a suonare al Sound Factory Bar di New York. Ma è con l’amico e socio Giancarlo Battafarano, in arte Giancarlino, che mette a segno il grande traguardo della vita: insieme fondano il Goa, a Roma. Sarà l’unico club in Italia a finire nelle classifiche dei migliori al mondo.


Appassionato di politica, simpatizzava da sempre per il partito radicale. Nel 2006 la svolta: si candida alle elezioni politiche con il partito La Rosa nel Pugno. Poi il passo indietro, che annuncia durante una conferenza stampa alla presenza di Marco Pannella ed Emma Bonino. «Ho scoperto che posso fare molto di più per la Rosa nel Pugno da esterno che non da candidato, una cosa che mi ha sorpreso, sia come cittadino che come artista. Quando ho sottoscritto la candidatura, a patto di non elezione, non ero preparato ad affrontare tutti codicilli che regolano la mia attività». Girerà l’Italia in lungo e in largo per suonare la sua musica e per promuovere le iniziative dei Radicali e «riportarli in Parlamento».


La battaglia per il mondo dello spettacolo schiacciato dalla Covid-19

ALESSANDRO DI MEO | Claudio Coccoluto ed Emma Bonino

In occasione del lockdown dovuto alla pandemia da Coronavirus, è stato tra gli artisti che si sono esposti maggiormente per sensibilizzare il mondo della politica sulla crisi che ha investito il settore dell’arte e dello spettacolo. «Chi fa clubbing è un volano culturale per i movimenti giovanili, finora l’approccio delle istituzioni è stato riduttivo – aveva raccontato in un’intervista al Corriere della Sera – : sia il governo, sia il Mibact ancora non definiscono un ruolo definitivo per questo comparto, nonostante muova un indotto enorme. La mancanza di interesse e di sussidi crea una condizione pericolosa, i professionisti dovrebbero arrivare vivi a un’ipotetica data di riapertura che nessuno ancora conosce, mentre devono pagare l’affitto, le bollette…». Aveva salutato il suo pubblico, ma nessuno sapeva sarebbe stata l’ultima volta, il 21 dicembre scorso quando, ripreso di profilo, aveva intrattenuto una platea virtuale suonando in streaming per più di un’ora la sua musica elettronica.

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