Il 16 marzo, in Italia, si registra un’impennata nei decessi causati dal Coronavirus: 502 morti nelle ultime 24 ore, per un totale di vittime che ha raggiunto quota 103.001. I casi positivi individuati tornano a salire, 20.396, a fronte dei 15.627 segnalati ieri, 15 marzo. Dato certamente influenzato dall’incremento di tamponi, circa 200mila in più rispetto al giorno precedente, ma anche dal fatto che «il picco della curva media dell’incidenza dei positivi ai tamponi molecolari è stato raggiunto», spiega Giovanni Sebastiani. In altre parole, da questo momento in poi, «il numero medio di nuovi casi positivi al test molecolare identificati in un certo lasso di tempo sarà inferiore rispetto al numero registrato nella finestra temporale di uguale durata immediatamente precedente».

Per quanto riguarda le terapie intensive, invece, la curva è ancora in crescita. Proprio oggi l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ha pubblicato i dati della rilevazione settimanale: un aumento del 4% del tasso di occupazione, arrivato al 35% su scala nazionale. Il matematico del Cnr, tuttavia, sottolinea che «ovviamente c’è un ritardo di circa due settimane rispetto alla curva dell’incidenza. Fortunatamente – aggiunge -, la crescita esponenziale mostra delle perturbazioni a onde che provocano l’allungamento del tempo di raddoppio, evidenza di rallentamento della diffusione».

«A livello regionale l’impatto della circolazione del Coronavirus sul sistema sanitario mostra un carattere di eterogeneità – aggiunge Sebastiani -. A livello nazionale la curva cresce, ma abbiamo alcune regioni, ad esempio la Calabria, il Molise e l’Umbria, dove ci sono i primi segnali di una discesa». In Abruzzo, Liguria ed Emilia-Romagna, poi, per quanto la curva non sia piegata verso il basso, «abbiamo segni di frenata». Sebastiani conclude: «Altri 14 giorni e vedremo i veri effetti – sulle terapie intensive – delle misure restrittive di inizio marzo».
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