Al via negli Usa il processo per la morte di George Floyd: «È un referendum sulla giustizia americana, il mondo ci guarda»

Sono passati dieci mesi dai fatti di Minneapolis, che innescarono una ondata di proteste guidate dal movimento Black Lives Matter

A distanza di oltre dieci mesi dalla morte di George Floyd, l’uomo afroamericano che ha perso la vita il 25 maggio 2020 a Minneapolis, negli Stati Uniti, si apre il processo a Derek Chauvin, l’ex agente di polizia accusato di averlo ucciso. «L’America chiede giustizia, il mondo intero ci sta guardando», ha affermato Benjamin Crump, uno degli avvocati che rappresentano la famiglia di Floyd. La strategia dell’accusa è chiara, come dimostra un’altra affermazione dei legali di Floyd poco prima dell’avvio del processo, da loro definito «un vero e proprio referendum sulla giustizia americana per vedere se negli Stati Uniti possano essere garantiti giustizia e uguaglianza per tutti».


Raramente la morte di una persona è stata così ben documentata come nel caso di George Floyd, bloccato a terra per 8 minuti e 46 secondi mentre implorava l’agente di polizia di liberarlo: «Per favore, non riesco a respirare». Parole e immagini che, dopo essere state riprese da alcuni passanti, hanno fatto il giro del mondo, innescando un’ondata di proteste guidate dal movimento Black Lives Matter per la tutela dei diritti degli afroamericani – e contro gli abusi della polizia – che hanno caratterizzato gli ultimi mesi dell’era Trump. «Nessuno chiamerebbe questo un caso difficile se la vittima fosse stata bianca – ha aggiunto l’avvocato -. Basta guardare il video della tortura con cui Floyd viene ucciso». Prima dell’inizio del processo i membri della famiglia Floyd insieme ai legali e alle decine di persone presenti si sono inginocchiati proprio per 8 minuti e 46 secondi, il lasso di tempo per cui Chauvin ha tenuto il suo ginocchio sul collo di Floyd.


Mostrando uno dei video girati il 25 maggio 2020 che ritraeva Chauvin mentre si inginocchiava sul collo di Floyd, Jerry W. Blackwell, uno degli avvocati della famiglia Floyd, ha ribadito più volte che l’ex agente di polizia non ha mai «mollato» e non si è alzato per circa nove minuti e 30 secondi. Un’ulteriore prova, secondo l’accusa, dell’uso «eccessivo e irragionevole della forza contro un uomo che non costituiva alcuna minaccia». La difesa invece ha cercato di spostare la discussione su altri binari, invitando a mettere «la politica da parte». Difficile, quando lo stesso presidente degli Stati Uniti oggi ha detto di seguire il processo «con attenzione».

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