Monta la rabbia a Minneapolis: rischia accuse meno gravi il poliziotto a processo per la morte di George Floyd – Il video

Il nodo sul capo di imputazione nei confronti di Derek Chauvin, con il rinvio e le richieste di giustizia dei cittadini di una Minneapolis militarizzata

Derek Chauvin, l’ex-poliziotto accusato dell’omicidio di George Floyd, morto durante un controllo il 25 maggio dell’anno scorso, potrebbe essere processato con un capo di accusa meno grave di quello iniziale. Perciò, su richiesta della stessa accusa, che vuole comprendere con precisione i capi di imputazione contro l’ex-agente, c’è stato il rinvio della sentenza da parte della corte a martedì 9 marzo. Lo slittamento ha causato manifestazioni in tutta Minneapolis, con migliaia di persone radunate fuori dal tribunale per chiedere trasparenza e giustizia dopo il rinvio della sentenza.


Il processo e il nodo dell’accusa

Tutto è partito dall’accusa, che ha chiesto tempo per capire il capo di imputazione al quale Chauvin dovrà rispondere. Il rinvio è stato quindi accettato dalla corte d’appello, che sta cercando di stabilire se è il caso di ripristinare l’accusa di omicidio volontario di terzo grado contro Chauvin. La questione va avanti da mesi. I dibattimenti finali, che dureranno circa tre settimane, dovrebbero iniziare il prossimo 29 marzo, ma gli stessi avvocati rischiano di trovarsi davanti una giuria indecisa sul grado di colpevolezza da assegnare a Chauvin. Sin dall’inizio del processo l’accusa per l’ex poliziotto è stata fortemente messa in discussione.


Lo scorso giugno la prima udienza era slittata prima ancora che cominciasse il processo. In quel momento, Chauvin rispondeva di omicidio di primo grado, un livello di accusa più grave per via della preterintenzionalità del delitto. Con l’avvio dell’iter processuale, tuttavia, Chauvin era stato accusato di omicidio colposo, che non prevede l’intenzione di uccidere e prevede quindi pene meno gravi. Una decisione contestata dagli attivisti dei movimenti per i diritti civili che non hanno mai smesso di tenere alta l’attenzione sul processo.

I timori in una Minneapolis blindata

Così nella giornata di ieri questo dissenso è continuato tra le strade di Minneapolis, dove migliaia di manifestanti si sono riversati nel centro e nel distretto del tribunale per protestare pacificamente in richiesta di una sentenza che tutta la città aspetta da quasi un anno. Minneapolis è militarizzata da giorni, con l’utilizzo di mezzi pesanti ed elicotteri. Le attività di controllo sono coordinate dalla polizia locale, dalla Guardia nazionale del Minnesota e dall’Fbi. Le autorità hanno recintato la maggior parte degli edifici istituzionali del centro, insieme a negozi e attività commerciali: il Comune di Minneapolis ha dichiarato che spenderà circa 1 milione di dollari in recinzioni e barricate da installare durante il processo. Ma l’atmosfera blindata non piace affatto ai cittadini, che da tempo chiedono riforme del dipartimento di polizia di Minneapolis.

In un articolo pubblicato dal quotidiano locale Star Tribune, sono state raccolte testimonianze e informazioni sull’uso eccessivo della sorveglianza predisposta in città, che stanno aumentando la già elevata tensione per l’attesa della sentenza contro Chauvin. Come scritto nel pezzo, la polizia avrebbe giustificato pubblicamente l’utilizzo di elicotteri a bassa quota, insieme a operazioni di polizia, in risposta all’incremento di furti d’auto nei distretti di Minneapolis. Lo scorso inverno, la strategia di sorveglianza elevata avrebbe portato a 87 arresti, stando alle autorità della contea di Hennepin.

Lo stesso Tribune, tuttavia, ha svolto un’indagine scandagliando i registri carcerari, dove venivano dichiarati 41 arresti legati a furti d’auto, con 69 accuse riguardo questo reato. Accuse, non condanne. Su pressione della testata, infatti, i funzionari di Minneapolis hanno ammesso che «molti sono ancora in attesa di giudizio» e che «solo 15 dei capi di accusa sono riconducibili a reati simili». Quindi le motivazioni che stanno portando a militarizzare la città, soprattutto nei quartieri più disagiati del sud della città, dove i ricordi dell’omicidio di Floyd sono ancora vividi, sono deboli, secondo il giornale.

Il quotidiano ha infine parlato di «successo gonfiato» delle operazioni, sostenendo come «i furti d’auto nel 2020 siano triplicati anche a causa dell’emergenza Covid» e che «la campagna di sorveglianza è preoccupante per molti residenti del sud di Minneapolis, dubbiosi sugli effettivi scopi di tali operazioni di polizia andate avanti per giorni».

Video: Instagram/chazinent

Leggi anche: