Strage di Mottarone, ai domiciliari Tadini. Tornano libere le altre due persone fermate dopo l’incidente

Lo ha deciso il gip di Verbania al termine di una giornata di interrogatori. Il procuratore: «Ritenute non credibili le dichiarazioni» del caposervizio della funivia

A sei giorni dalla strage di Mottarone escono dal carcere le tre persone fermate nella notte tra martedì e mercoledì. In particolare, va ai domiciliari Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone. Tornano liberi, invece, Luigi Nerini, il gestore dell’impianto, ed Enrico Perocchio, direttore di esercizio. Sono queste le decisioni del giudice per le indagini preliminari Donatella Banci Buonamici, lette nella serata di oggi, 29 maggio, ai legali dei tre e al procuratore, Olimpia Bossi, nel carcere di Verbania.


Gli interrogatori davanti al gip

Secondo quanto ha spiegato il procuratore, il gip ha valutato «che non ci sono indizi sufficienti di colpevolezza su Luigi Nerini e su Enrico Perocchio» e ha ritenuto «non sufficientemente credibili le dichiarazioni di Gabriele Tadini». Il gip ha creduto «alla dichiarazione di estraneità di Nerini e Perocchio che hanno scaricato su Tadini la scelta» dell’uso dei blocchi al freno, alla base dell’incidente in cui hanno perso la vita 14 persone. Il gestore Nerini, nel suo interrogatorio, ha fatto notare, col suo legale Pasquale Pantano, che la sicurezza e le manutenzioni non sono responsabilità dell’imprenditore ma delle ditte a cui vengono affidate e, nello specifico, del caposervizio e del direttore di esercizio.


Il legale di Tadini: «Offensivo chiedere la libertà»

Dopo la decisione del gip, Nerini si è detto «contento» ma ha sottolineato, attraverso il suo avvocato, «che bisogna trovare i responsabili, non c’è motivo di gioire, bisogna capire cosa è successo». Per il legale di Tadini, invece, gli arresti domiciliari «sono la soluzione che può mitigare sia le esigenze cautelari che la gravità del fatto, io avevo chiesto i domiciliari, per me è una soddisfazione professionale, mi sembrava offensivo chiedere la libertà». Il legale ha detto che il suo assistito «non si è ancora reso conto e che sarà lui ad accompagnarlo a casa all’uscita dal carcere».

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