Com’è stato possibile l’assalto di Capitol Hill (e cosa ancora non torna). La ricostruzione minuto per minuto del New York Times – Il video

Con un lavoro di raccolta e analisi di video e comunicazioni audio, il quotidiano newyorchese svela dettagli inediti «dell’attacco più sfacciato a una sede del potere nella storia americana moderna»

Il quotidiano americano The New York Times ha realizzato un’inchiesta partendo dai video raccolti sull’attacco a Capitol Hill dello scorso 6 gennaio, quando gruppi di sostenitori di Donald Trump invasero il Campidoglio a Washington provocando disordini e danneggiando parte del palazzo. Il lavoro è stato realizzato dal team Visual dello storico giornale newyorchese, che ha raccolto «dettagli utili a ricostruire ciò che è realmente accaduto quel giorno», dopo che il Dipartimento di Giustizia americano ha avviato un’indagine a livello nazionale che al momento ha portato a più di 500 arresti in tutto il Paese. Per ottenere la massima copertura di video realizzati quel giorno, molte dei quali spariti dai social, i giornalisti del Nyt hanno dovuto presentare numerose richieste alla polizia. Per realizzare poi la mappa dei filmati sono state sfruttate anche le comunicazioni radio di quelle ore tra le forze dell’ordine. Il risultato finale è stato un ricchissimo video di 40 minuti con i dettagli della «rappresentazione visiva più completa della rivolta al Campidoglio».


La squadra del Nyt ha individuato almeno 8 luoghi forzati dai rivoltosi per accedere in Campidoglio. «Più di quanti se ne conoscessero in precedenza», scrivono sul giornale. Dall’analisi emerge come la polizia fosse in inferiorità numerica, causando l’accesso in vari punti dell’edificio da parte della folla. Stesso discorso è valso per chi è entrato dalle finestre, rotte «senza particolare attrezzature». Una volta invaso l’edificio, il Senato interruppe ogni attività, ma in realtà «ci è voluto molto più tempo perché la Camera dei Rappresentanti facesse lo stesso: questo ritardo sembrava aver contribuito alla morte di un rivoltoso, l’attacco più sfacciato a una sede del potere nella storia americana moderna», si legge nell’articolo.


La morte della sostenitrice di Trump

All’ingresso dei gruppi i membri presenti in Campidoglio si rifugiarono nell’edificio proseguendo i lavori. Nancy Pelosi fu portata subito in salvo e il rappresentante Jim McGovern prese il suo posto presiedendo la seduta. «Il personale della sicurezza ci aveva detto che era sicuro riprendere», spiega lo stesso McGovern al Nyt. Solo dopo qualche minuti la seduta fu interrotta definitivamente e i politici fatti uscire da porte di servizio sul retro. Dall’altra parte della struttura calavano i rivoltosi. È in quell’istante che Ashli Babbitt, una sostenitrice di Trump e seguace delle teorie complottistiche di QAnon, fu raggiunta al petto da un colpo di pistola sparatole da un agente in borghese mentre cercava di scavalcare una delle finestre rotte.

Il Nyt ha provato a rispondere anche alla domanda più importante: com’è è stato possibile organizzare l’attacco. «Monitorando le persone chiave durante il giorno», scrivono nel pezzo, «abbiamo scoperto che la maggior parte erano sostenitori ardenti, ma disorganizzati, di Trump, travolti dal momento». Secondo la ricostruzione del giornale, Michale Sparks, 43 anni, dal Kentucky, è stato il primo a entrare in Campidoglio. Poi Ray Epps, un uomo dell’Arizona che in diverse clip incitava a partecipare all’attacco. Ma il Times è andato oltre: «Abbiamo scoperto che la folla includeva membri di gruppi organizzati, milizie di estrema detra come gli Oath Keepers e i Proud Boys. Nei video vengono visti con mazze da baseball, giubotti anti proiettile e un coordinamento via radio. Dalle clip, oltre alla posizione politica dei partecipanti, emerge come la presenza di questi gruppi e le parole di Trump siano state un combustibile per portare a quanto accaduto. «”Sono stato inviato qui dal presidente”, si sente in chiacchierate non filtrate tra la folla», rivela il Nyt dando il quadro del peso delle parole dell’ex presidente americano ai suoi sostenitori, poco prima dell’attacco.

L’inchiesta del giornale rimane con un dubbio: come hanno fatto gli agenti a liberare l’edificio? «Una volta che gli ufficiali sono aumentati in numero e in attrezzature i rivoltosi sono stati cacciati facilmente: dai video si vede come questo processo sia durato meno di un’ora», spiega l’articolo. Che sottolinea come l’arrivo di rinforzi dalla Virginia e da altre agenzia locali e federali sia stato «in netto contrasto con ciò che abbiamo visto durante le proteste di Black Lives Matter nell’estate del 2020, quando gli ufficiali erano da subito sul posto, «già equipaggiati in assetto antisommossa e autorizzati a usare la forza». Una differenza di metodo che secondo il Nyt si aggiunge al fatto che, a differenza di quanto avvenuto alle proteste contro il razzismo negli Usa, «al Campidoglio pochissime persone sono state arrestate sulla scena», allungando le indagini dell’Fbi e i tempi di processi che «durano tuttora».

Video: The New York Times

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