Per un anno guardie e detenuti pestati nello stesso carcere: «Il Dap aveva i nomi». Perché non si è fatto nulla

Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non è potuto intervenire con sospensioni o trasferimenti per diversi motivi. Intanto, però, picchiati e picchiatori sono rimasti insieme per tanto, troppo tempo

Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria conosceva da tempo i nomi degli agenti coinvolti nell’inchiesta, quelli che – secondo l’accusa – avrebbero pestato i detenuti all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020. Il Dap, però, in quell’occasione non fece nulla: nessun provvedimento, nessuna sospensione, nessun trasferimento. A confermarlo è stato l’allora sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi, rispondendo a un’interpellanza del deputato di +Europa Riccardo Magi (che ha spiegato a Open quanto sia rimasto «sconcertato» dalle risposte avute dal ministero della Giustizia dell’epoca, ndr), secondo cui «il locale provveditore» avesse già «trasmesso al Dap l’elenco del personale del Corpo» della polizia Penitenziaria indagato. E allora perché non si fece nulla? Perché i denunciati rimasero per così tanto tempo al fianco dei denuncianti?


Quotidiano Domani | Le violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: le immagini dei detenuti pestati dagli agenti – Il video

Il Dap sapeva i nomi dei responsabili delle violenze a Santa Maria Capua Vetere

Secondo quanto riportato stamattina dal Corriere, il Dap aveva sì l’elenco degli indagati ma non ne conosceva i reati contestati. Non sapeva quali fossero le singole posizioni e, dunque, non poteva motivare eventuali trasferimenti con precise contestazioni. Tra l’altro, il Dap nessuna risposta ebbe dai magistrati che stavano indagando sulla vicenda. Per questo motivo, dunque, non sarebbe stato diposto alcun trasferimento o sospensione dal servizio per le guardia coinvolte nella mattanza. A questo si aggiunga che, trasferire un agente della Penitenziaria nel pieno di un’indagine, avrebbe potuto interferire con il lavoro dei magistrati e dei carabinieri che stavano cercando di scoprire tutta la verità su quel 6 aprile.

Intanto solo venerdì sera sono arrivati i primi trasferimenti per i denuncianti. Una trentina sono i detenuti che, lasciando il carcere di Santa Maria Capua Vetere, sono stati portati in diversi penitenziari, anche al di fuori della Campania. Da una parte, dunque, si vuole tutelare chi ha avuto il coraggio di denunciare, dall’altra si sta cercando di svuotare (in parte) il carcere teatro della violenza poiché sono decine e decine gli agenti di polizia penitenziaria sospesi tra quelli finiti dietro le sbarre e quelli ai domiciliari, senza considerare poi gli altri 25 appartenenti all’amministrazione giudiziaria coinvolti nell’inchiesta. Il rapporto numerico tra agenti e detenuti, dunque, rischiava di essere sbilanciato. Dunque si è corso subito ai ripari.

Foto in copertina: DOMANI

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