Dalle offerte di lavoro ai requisiti: come cambierà il reddito di cittadinanza

Dopo la pausa estiva via alla riforma del Rdc. L’idea del governo Draghi è di scindere il sostegno economico di contrasto alla povertà dalle politiche del lavoro. Ma potrebbero cambiare anche i requisiti richiesti per accedere alla misura

Nell’ultimo discorso prima della pausa estiva, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto che «è troppo presto» per parlare di possibili modifiche al Reddito di cittadinanza, puntualizzando tuttavia che ne condivide appieno «il concetto che ne è alla base». E la misura, cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle e di cui beneficiano attualmente 1,2 milioni di famiglie, continua a essere al centro del dibattito anche in vacanza. Il nodo principale da sciogliere riguarda le politiche attive sul lavoro. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Anpal, infatti, se il numero di percettori del sussidio supera il milione, poco meno di 400mila persone ha sottoscritto il patto per il lavoro.


Le possibili modifiche al Reddito di cittadinanza

E così il governo starebbe pensando a uno spacchettamento della misura in due parti distinte, seppur parzialmente comunicanti. Da un lato il sostegno economico a chi è in difficoltà, dall’altro la riforma dei processi d’inserimento sul lavoro per i percettori del Rdc. Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha istituito un comitato per la valutazione del Reddito di cittadinanza, presieduto dalla sociologa Chiara Saraceno, per individuare i punti fallaci o deboli, al fine di riformarli. Nell’ipotetica riforma della misura, da un lato verrebbero anzitutto ridefiniti i requisiti di accesso al sussidio, alcuni dei quali ritenuti troppo stringenti, come il moltiplicatore troppo basso per le famiglie numerose, l’obbligo di residenza in Italia di 10 anni per gli stranieri e, ancora, l’assenza di differenziazione regionale, per esempio, valutando il parametro di costo della vita.


Al contempo, dovrebbero aumentare i controlli verso gli attuali beneficiari, per valutare se effettivamente hanno diritto al sussidio, affinché il nuovo Rdc diventi una misura di sostegno universale contro la reale povertà. Sul fronte delle politiche attive sul lavoro, invece, potrebbe esserci l’introduzione di corsi di formazione e di riqualificazione professionale obbligatori per i percettori del sussidio, affinché le competenze possano collimare sempre più con le richieste di specializzazione delle aziende. Ma queste sono solo ipotesi fluttuanti che resteranno in sospeso almeno sino al termine della pausa estiva. E a settembre, o forse ancor più in là nel tempo, anche la possibile riforma del Rdc potrebbe iniziare a delinearsi meglio e trovare sintesi tra le diverse posizioni dei partiti che supportano l’esecutivo. 

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