Dopo la denuncia di Open interviene il Viminale: il collaboratore afgano “Marco” e la cognata incinta verranno trasferiti

La denuncia di un interprete, giunto in Italia con la famiglia e spedito dai Centri Accoglienza e Servizi (C.A.S.) in un alloggio fatiscente, ha ottenuto i suoi frutti

La denuncia pubblicata da Open di un interprete, giunto in Italia con la famiglia e spedito dai Centri Accoglienza e Servizi (C.A.S.) in un alloggio fatiscente, ha ottenuto i suoi frutti. «Sono appena venuti due donne e un uomo della Prefettura» ci scrive “Marco”, nome di fantasia che abbiamo concordato di usare per proteggere la sua identità dopo 15 anni trascorsi al servizio del nostro Paese in Afghanistan. I pubblici ufficiali si erano recati presso l’abitazione per controllare struttura e scattare qualche foto a seguito della pubblicazione del nostro articolo. L’attesa è breve, un’ora dopo ci scrive la notizia tanto attesa: «Ci trasferiranno! Grazie a voi! Grazie mille!».


La camera da letto dell’abitazione usata dal fratello di “Marco” e dalla moglie in attesa.

Non sarà un trasferimento immediato, ci vorrà giusto qualche giorno per preparare l’abitazione dove la cognata di “Marco”, incinta di otto mesi, potrà passare gli ultimi stadi della gravidanza e i giorni successivi al parto in serenità insieme al marito. Una lieta notizia che fa seguito all’immediata risposta da parte del Ministero, giunta a Open domenica sera dopo il nostro articolo e confermata in data odierna, e del pronto intervento del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale in accordo con la Prefettura di riferimento.


A sinistra, i segni di deterioramento dei muri dell’abitazione. A destra l’unico bagno a disposizione dei tre adulti e per il prossimo arrivato.

«I responsabili della Prefettura sono stati molto gentili», ci racconta “Marco”. Un approccio diverso rispetto a quello di un responsabile del centro di accoglienza che, prima dell’arrivo dei pubblici ufficiali e anziché rispondere alle esigenze di una donna incinta, si era presentato presso l’abitazione alzando la voce e turbando ulteriormente lo stato d’animo dei presenti per quanto accaduto.

La cucina, usata da “Marco” come camera da letto.

Una reazione spiacevole temuta da “Marco” e dalla sua famiglia a tal punto da mettere in dubbio la pubblicazione del nostro articolo. Ha prevalso il coraggio, ma chissà quante richiedenti asilo nelle loro stesse circostanze, o addirittura peggiori, non riescono a reagire in questo modo per ottenere un po’ di dignità.

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