Il caso dell’insegnante vaccinata ma senza Green pass: «Voglio lavorare senza pagarmi i tamponi»
Rischiare di essere esclusa dalle lezioni a scuola per non avere ancora il Green pass. Il caso riguarda un’insegnante di Roma, Teresa Anna De Vito, che da vent’anni insegna all’Istituto per l’infanzia “Ernesto Chiovini”. Per un cortocircuito burocratico la donna, 56 anni, potrebbe essere sospesa dal suo incarico nonostante abbia seguito alla lettera quanto prescritto dal medico curante, dal Governo e dagli hub vaccinali. E proprio per non avere ancora la certificazione è costretta a giorni alterni a pagare un tampone per dimostrare di essere negativa al Coronavirus.
La vicenda
Tutto ha avuto inizio il 6 novembre 2020, quando nella scuola dove insegna De Vito la Asl 1 della Capitale ha disposto la chiusura di due sezioni per un paio di casi di contagio da Covid. Quel giorno per sicurezza, racconta a Il Tempo, «ho effettuato un tampone antigenico, risultando positiva». Allora ha allertato la Direzione didattica e il medico di famiglia. Dopo tre giorni ha dovuto effettuare un tampone molecolare col marito: lei è risultata negativa, lui positivo. Il 20 novembre, le è stata rilasciata una certificazione che ne attestava la guarigione, ed è rientrata in servizio.
Il 5 marzo, poi, è stata la volta del test sierologico che evidenziava come fosse venuta a contatto con il virus. Con l’inizio della campagna vaccinale, la donna si è sottoposta alla prima dose di AstraZeneca il 13 marzo. I medici dell’hub le hanno rilasciato un foglio con la dicitura “Indicata dose unica” – perché rientrava tra i pazienti che nei sei mesi precedenti avevano contratto l’infezione -, ma sul database della Asl risultava comunque la prenotazione, automatica, per la seconda. La prenotazione non è mai stata cancellata, così il 30 maggio De Vito si è presentata nuovamente all’hub vaccinale. Gli operatori sanitari a quel punto le hanno fatto notare che non era prevista la seconda dose, rilasciandole una nuova attestazione con su scritto: “Ha concluso il programma vaccinale”.
A quel punto «ho chiamato moltissime volte il numero gratuito del ministero della Salute per richiedere il Green pass – dice – e quando mi hanno risposto mi hanno detto che l’attestazione sostituiva il certificato e che quindi potevo tranquillamente recarmi sul posto di lavoro». Il primo settembre si è presentata a scuola, per la preparazione delle classi, con quell’attestato, ma il personale scolastico non l’ha lasciata entrare, facendo presente come servisse il Green pass. Senza certificato, conclude, «finora sono stata costretta a fare tamponi molecolari per entrare in aula: se continua così, dovrò farne 3 a settimana, spendendo 45 euro. Chiedo solo di poter fare il mio lavoro senza pagare per questo».
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