Gianmarco Tamberi racconta la doppia medaglia a Tokyo: «Ecco com’è andata la trattativa per l’oro»

Il saltatore marchigiano ha parlato del post-Giochi e dell’assegnazione ex aequo del titolo olimpico condiviso con l’amico qatariota Barshim

A distanza di un mese dall’impresa in Giappone Gianmarco Tamberi torna a parlare di com’è la vita da campione olimpico. Gli stravizi post-festeggiamenti per la vittoria dell’oro nel salto in alto a Tokyo 2020 lo hanno fatto ingrassare di qualche chilo: «dopo cinque anni a dieta mi sono rilassato», ammette l’atleta a la Repubblica. Intervistato dal giornale a poche ore dalla gara in Diamond League di Zurigo, il marchigiano ha ripercorso l’assegnazione ex aequo del gradino più alto del podio insieme al collega Mutaz Essa Barshim, con il quale ha vissuto «un’occasione di amicizia unica».


Il ritorno in pedana e il dopo Tokyo

Fino all’autunno, Tamberi gareggerà sempre allenato dal padre, per poi concedersi una vacanza con la compagna, e tornare in pedana in occasione dei Mondiali in Oregon il prossimo anno. Questi impegni arrivano dopo settimane di tranquillità, che per Tamberi sono state anche una possibilità di godersi la fama ottenuta. «A Venezia», racconta l’azzurro, ospite sul red carpet della Mostra del Cinema, «sono andato in smoking bianco, non potevo presentarmi all’invito in tuta, ma ho indossato tutti capi di aziende marchigiane, perché ci tengo ad aiutare la ripresa della mia regione». Vedere gli attori da vicino emoziona, ma soprattutto ho un pò chiacchierato con Helsinki della Casa di carta, interpretato da Darko Perić e ho scoperto che anche lui è un appassionato di basket».


Dopo due gare post-olimpiche che lo stesso Tamberi ha descritto come «andate malino», il campione iridato oggi competerà per il titolo della Wanda Diamond League a Zurigo dove sarà spinto dal pubblico. «Sono contento del ritorno delle persone, il silenzio non fa per me», spiega, «in Polonia a Chorzow ho risentito voci e calore». Nella gara in Svizzera, inoltre, non sarà inoltre prevista l’assegnazione a pari merito delle medaglie come avvenuto in Giappone. «Meglio così», afferma il saltatore: «non dovrebbe mai toccare all’atleta decidere il pari merito».

«L’assegnazione a pari merito? Ingiusta»

Il 1 agosto scorso allo Stadio Olimpico di Tokyo Tamberi e Barshim rinunciarono allo spareggio della finale, chiusa sul 2,39 con tre errori ciascuno. A quel punto bisognava saltare a oltranza, assegnando il primo posto a chi avrebbe compiuto l’altezza maggiore, ma una “trattativa“, senza eccezione nella storia dei Giochi, cambiò il corso e di ori ce ne furono due. Secondo Tamberi, quei momenti concitati sono stati «un’eccezione». «È stato Barshim a chiedere al giudice “possiamo vincere tutti e due?”. Poi mi ha guardato, come a dire: “ci stai?” Non c’è stato nemmeno bisogno della mia risposta: chi ero io per rifiutare un oro all’Italia?», domanda Tamberi, che aggiunge: «Avessi detto no e l’avessi perso mi avrebbero sommerso di critiche: presuntuoso, superbo, egoista. È stata un’occasione unica di amicizia».

Tamberi si era infortunato il 15 luglio del 2016, a tre settimane dalle Olimpiadi di Rio mentre Barshim nel luglio 2018. Quell’infortunio è stata la base comune che ha mosso i due atleti e amici alla scelta di optare per un oro condiviso. Tamberi comunque ha sottolineato che l’esito di una gara «dovrebbe deciderla il regolamento, senza possibilità di accordo». Secondo l’azzurro «a noi va il compito di saltare, e basta. Tokyo è stato un fatto eccezionale, ma ha fatto comodo a tutti, perché altrimenti la finale dei 100 metri sarebbe stata ritardata e alla programmazione televisiva non andava bene. Chi garantiva che io e Barshim non avremmo continuato a fare pari misure per ancora un’altra ora? E chi dice, invece, che magari il mio oro non abbia motivato Jacobs?», si chiede l’atleta olimpico.

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