Dov’è finito Facebook? Cronaca del giorno più nero della storia di Mark Zuckerberg

Le accuse per Instagram, quelle per la diffusione delle fake news, migliaia di documenti rivelati, un blocco lunghissimo e il crollo in Borsa. Il social network non è mai stato peggio

Facebook, Instagram, WhatsApp. Tutti e tre in down. L’inizio di un romanzo distopico sulla fine del mondo digitale partirebbe da qui. Alle 17.30 – ora italiana – il sistema di piattaforme di Menlo Park ha cominciato a dare segni di cedimento: qualche segnalazione, qualche messaggio non inviato. Poi il black out. Tutti i social sono stati oscurati, in tutto il mondo. All’inizio sembrava il solito crollo, destinato a durare al massimo una mezz’ora. Il blocco invece è durato oltre sette ore, l’interruzione di servizio più lunga dal 13 marzo del 2019. Un fermo che secondo la piattaforma Netblocks ha già causato un danno all’economia mondiale di oltre 1.129.959.864 dollari. Giusto per capire la portata di quello che è successo, questa mattina i dipendenti di Facebook non sono nemmeno riusciti a entrare nell’azienda per verificare quello che stava succedendo perché, insieme alle applicazioni, avevano smesso di funzionare anche i badge dei dipendenti. Secondo il New York Times Facebook avrebbe mandato anche un team di tecnici nei suoi data center in California per riavviare i server a mano.


Le scuse dell’azienda

L’azienda non ha fornito nessuna spiegazione ufficiale. In un tweet ha ammesso il problema ma nulla di più: «Siamo consapevoli che alcune persone hanno problemi ad accedere alle nostre app e ai nostri prodotti. Stiamo lavorando per riportare le cose alla normalità il più rapidamente possibile e ci scusiamo per gli eventuali disagi». Messaggi simili anche per Instagram e WhatsApp. Il black out ha avuto ripercussioni anche sulla Borsa. Il 27 agosto le azioni di Facebook venivano scambiate per 376,26 dollari. Il massimo da quando il 18 maggio del 2012 la società creata da Mark Zuckerberg si è quotata in Borsa. Negli ultimi giorni è cominciato il crollo. Una discesa quasi verticale che ha portato il valore delle azioni a 324,20 dollari. Il titolo a Wall Street ha perso il 4,9%. Secondo Forbes, il patrimonio personale di Zuckerberg sarebe diminuito di 5,9 miliardi di dollari nelle ultime 24 ore.


Il Dns e il problema dietro l’oscuramento

Non è chiaro quale sia stato il problema dal punto di vista tecnico. Sono parecchi gli analisti che hanno provato a capire quello che è successo. Secondo la maggior parte delle ricostruzioni emerse fino a questo momento, si escluderebbe la possibilità di attacchi hacker. Sembra che il problema riguardasse il Dns, il Domain Name System. In pratica è come se Facebook avesse oscurato l’indirizzo con cui gli utenti potevano rintracciarlo online. Anzi, è come se l’indirizzo www.facebook.com non fosse mai esistito. È possibile che questo indirizzo sia saltato dopo un aggiornamento. In ogni caso è raro che un servizio così diffuso venga interrotto per così tanto tempo. Doug Madory, analista della società di monitoraggio Kentik, aveva spiegato al Washington Post che la disfunzione di Facebook «è enorme: è come se fosse completamente morto».

Frances Haugen, la whistleblower di Menlo Park

Le prime increspature della marea che ha investito Facebook sono cominciate il 15 settembre. Una fonte interna a Menlo Park aveva passato al Wall Street Journal un report che girava all’interno dei focus group della società. Il tema era Instagram e le correlazioni tra questo social e la depressione tra gli adolescenti. I risultati erano lapidari: «Il 32% delle ragazze adolescenti ha affermato che quando si sentivano male per il proprio corpo, Instagram le faceva sentire peggio». E ancora. Sempre il Wall Street Journal aveva pubblicato altre inchieste che mettevano in luce la mancanza di attenzione verso la moderazione dei contenuti e la tendenza a favorire la diffusione delle fake news per aumentare l’interazione dei suoi utenti con i post proposti dall’algoritmo.

A inviare al Wall Street Journal tutti questi documenti è stata la stessa fonte. Frances Haugen, 37 anni, informatica ed ex dipendente di Facebook ha rilasciato un’intervista alla trasmissione 60 Minutes in cui ha rivelato di aver diffuso migliaia di documenti riservati per svelare il modo in cui lavora la società creata da Zuckerberg: «Facebook, più e più volte, ha dimostrato di preferire il profitto». Non solo. Haugen si è spinta anche oltre, attribuendo la rivolta di Capitol Hill ai nuovi algoritmi introdotti nel 2018 che hanno aumentato la visibilità sulla piattaforma delle fake news e dei contenuti d’odio. L’azienda si è difesa ancora prima della messa in onda del servizio, definendo tutte le accuse di Haugen «ridicole».

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