Condannato il prof che insultò e prese a calci uno studente gay. Al ragazzo disse: «L’omosessualità è una brutta malattia»

Una frase che gli è costata cara: 9 mesi di reclusione. Il docente di Assisi lo avrebbe anche colpito con calci e pugni «fino a fargli mancare il respiro»

Era l’11 novembre del 2014 quando un ragazzo di 14 anni veniva insultato da un professore, 50 anni, di una scuola superiore di Assisi. «L’omosessualità è una brutta malattia, ne sai qualcosa tu», gli aveva detto nel corso di una lezione. Una frase che al docente è costata cara: una condanna a 9 mesi di reclusione (pena sospesa) e un risarcimento di 1.500 euro. Lo ha deciso il Tribunale del capoluogo umbro, così come riporta il sito Umbria24. Il prof, accusato di abuso d’ufficio e lesioni aggravate, deve rispondere anche di aver colpito il ragazzo con «due calci a una gamba e altrettanti pugni a una spalla e infine prendendolo per il collo fino a fargli mancare il respiro» dopo che il ragazzo gli aveva risposto «ci credo da quando conosco lei».


Gli insulti

Nello specifico, il professore «nello svolgimento del proprio servizio, ha abusato dei propri poteri e in violazione di leggi e regolamenti ha arrecato un danno ingiusto all’alunno». Davanti ad altri compagni di classe e durante una lezione «alludeva alla sua presunta omosessualità con espressioni del tipo “l’omosessualità è una brutta malattia, ne sai qualcosa tu”». In questo modo «ne ha leso l’onore e il decoro, provocando la reazione del ragazzo che faceva analoga allusione nei confronti del professore con espressioni del tipo “Ci credo, da quando ho visto lei”». Ma non è finita qui.


Le botte

Il docente si sarebbe spinto oltre passando dalle parole alle mani. Nel capo di imputazione, infatti, si legge che «improvvisamente il professore si avvicinava al giovane e lo percuoteva, dapprima colpendolo con due calci alla gamba destra, poi con due pugni alla spalla e infine lo afferrava per il collo fino a fargli mancare il respiro, procurandogli ecchimosi alla gamba giudicate guaribili in cinque giorni». L’aggravante contestata all’insegnante è «per aver commesso i fatti di ingiurie, percosse e lesioni con abuso dei poteri e in violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione esercitata, approfittando di circostanze di persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, in particolare dell’evidente inferiorità psichica della vittima, in ragione della minore età, sia del ruolo di insegnante».

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