Il 9% del Pil italiano è dato dal lavoro degli stranieri, per un valore di 134 miliardi di euro

Quasi un terzo del valore aggiunto si concentra in Lombardia, dove la percentuale di Pil prodotto da cittadini stranieri è pari al 12%

Il Rapporto annuale 2021 sull’economia dell’immigrazione – prodotto dalla Fondazione Leone Moressa -, delinea un impatto decrescente della forza lavoro dei cittadini stranieri sui dati macroeconomici dell’Italia. Gli occupati che non hanno nazionalità italiana ma che operano nel nostro Paese, infatti, sono arrivati a produrre “ricchezza” per 134 miliardi di euro, incidendo del 9% sul Prodotto interno lordo. Una fetta comunque importante, nonostante la pandemia di Coronavirus abbia fatto passare il numero di occupati stranieri da 2,5 milioni, il 10,7% dei lavoratori totali, a 2,34 milioni, il 10,2%. Circa 160mila posti di lavoro, dunque, sono stati persi in un anno, di cui 60mila erano occupati da cittadini dell’Unione europea e 100mila da persone extracomunitarie.


La maggior parte degli individui stranieri che ha perso il lavoro è confluita nella platea degli inattivi che, nel 2020, conta 1,3 milioni di stranieri residenti in Italia. Nel 2019, invece, il valore della “ricchezza” prodotto dai cittadini non italiani era pari a 148 miliardi di euro: 14 miliardi sono stati persi in un anno. Il calcolo del «Pil dell’immigrazione», diviso su scala regionale, mostra come quasi il 30% de valore aggiunto prodotto dagli stranieri si concentra in Lombardia, territorio dove opera il 23% dei lavoratori senza cittadinanza che risiedono in Italia. La maggior parte degli occupati stranieri – ovvero il 45% – lavora nel settore terziario, producendo il 51% del «Pil dell’immigrazione» totale: 68,6 miliardi di euro. Segue la manifattura, che impiega il 25% degli stranieri e produce 28,5 miliardi.


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