Non tutti i lavoratori del porto di Trieste sarebbero andati al lavoro muniti di Green pass dal 15 ottobre, cioè da quando è scattato l’obbligo di esibirlo all’ingresso del posto di lavoro. Il sospetto viene sollevato dagli operai del sindacato Clpt che da ieri protestano contro il certificato verde al porto giuliano con un presidio di alcune decine di lavoratori, oltre che diversi “esterni” tra studenti e attivisti No Green pass. Il presidio al porto non è riuscito a impedire alla maggior parte dei lavoratori di presentarsi al lavoro, evitando così il blocco delle attività. Ma dietro la scarsa partecipazione alla protesta, potrebbe nascondersi un compromesso trovato tra i titolari delle aziende che operano nel porto e i dipendenti.
Il Coordinamento lavoratori portuali Trieste ha inviato questa mattina due lettere di segnalazione indirizzate a Prefettura, questura, carabinieri, ispettorato del lavoro e all’organo che vigila sulla sicurezza sul lavoro del porto. il sindacato denuncia che ci sarebbero diverse aziende che stanno violando le normative anti Covid: «Ci è stato segnalato che starebbero violando la normativa facendo lavorare i lavoratori che non sono in possesso della certificazione verde Covid19». I “crumiri” insomma avrebbero ottenuto di poter lavorare, a patto che l’azienda non verificasse se avessero fatto un tampone o il vaccino: «Dopo che per due anni hanno fatto lavorare i lavoratori con un rispetto approssimativo delle norme anti Covid19». Una soluzione estrema che rischia di esporre le aziende a multe salatissime. Con il sospetto che continua a serpeggiare tra gli operai in presidio, dove la tensione rischia di tornare oltre i livelli di guardia.

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