Volevano truccare il report Onu sull’allarme del clima, bomba su Cop26: le pressioni di alcuni Paesi prima del vertice

La fuga di notizie ha rivelato oltre 32 mila richieste di modifiche al testo del rapporto su cui dovranno prendere delle decisioni le potenze mondiali a Glasgow, nel tentativo di minimizzare i dati sull’inquinamento dei combustibili fossili e i fondi destinati ai Paesi in via di sviluppo perché inquinino meno

Ci sono Paesi che stanno facendo grandi pressioni per cambiare l’ultimo rapporto scientifico prodotto dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo delle Nazioni Unite che studia il cambiamento climatico. L’informazione fa parte di un’enorme fuga di notizie su documenti riservati in mano a Bbc News. Si tratta di oltre 32.000 appunti e modifiche al testo presentati da governi, aziende e altre parti interessate al team di scienziati che compilano un rapporto delle Nazioni Unite progettato per riunire le migliori prove scientifiche su come affrontare i cambiamenti del clima. Il sito web racconta come, ad esempio, Arabia Saudita, Giappone e Australia avrebbero chiesto alle Nazioni Unite di «minimizzare la necessità di allontanarsi» rapidamente dai combustibili fossili. Non solo: alcune nazioni ricche hanno espresso più di una perplessità sulla possibilità di finanziare di più gli Stati più poveri per passare a tecnologie più verdi.


I dubbi su Cop26

La “lobby” – come è stata definita da Bbc – che sta facendo pressioni per rallentare una serie di provvedimenti per migliorare lo stato ambientale, ha poi anche sollevato interrogativi per il vertice sul clima, la Cop26. Si tratta della 26esima Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite che si terrà a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre. Alcuni Paesi respingono le raccomandazioni delle Nazioni Unite di convergere verso un’azione determinante per il clima, pochi giorni prima che al vertice venga chiesto loro di assumere impegni significativi per rallentare il cambiamento climatico e mantenere il riscaldamento globale a 1,5 gradi.


Combustibili fossili

Per quanto riguarda i combustibili fossili, un certo numero di Paesi e organizzazioni sostengono che il mondo non ha bisogno di ridurre l’uso di combustibili fossili così rapidamente come raccomanda l’attuale bozza del rapporto. Un consigliere del ministero del petrolio saudita chiede che «frasi come “la necessità di azioni di mitigazione urgenti e accelerate su tutte le scale…” siano eliminate dal rapporto». Un alto funzionario del governo australiano, secondo le informazioni in mano a Bbc, rifiuta che il rapporto si concluda con la necessità di «chiusura delle centrali elettriche a carbone, anche se porre fine all’uso del carbone è uno degli obiettivi dichiarati dalla conferenza Cop26». In tutto questo va ricordato che l’Arabia Saudita è uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo e l’Australia è uno dei maggiori esportatori di carbone.

Soldi ai Paesi più poveri

Tra quanti storcono il naso sull’ipotesi di finanziare di più i Paesi più poveri e in via di sviluppo perché passino a tecnologie più “green”, la Svizzera svetta fra tutti. Il Paese ha già chiesto di modificare parti del rapporto. Alla conferenza sul clima di Copenaghen del 2009, infatti, è stato concordato che le nazioni sviluppate avrebbero fornito «100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima per i paesi in via di sviluppo entro il 2020». L’obiettivo in realtà deve ancora essere raggiunto. L’Australia si è accodata alla Svizzera facendo presente che «gli impegni climatici dei paesi in via di sviluppo non dipendono tutti dalla ricezione di un sostegno finanziario esterno». L’Ufficio federale svizzero per l’ambiente ha dichiarato a Bbc: «Sebbene i finanziamenti per il clima siano uno strumento fondamentale per aumentare l’ambizione climatica, non è l’unico strumento rilevante. La Svizzera è del parere che tutte le parti dell’accordo di Parigi in grado di farlo dovrebbero fornire sostegno a coloro che hanno bisogno di tale sostegno».

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