Dopo il via libera dell’Agenzia del farmaco del Regno Unito alla pillola antivirale anti-Covid Molnupiravir, «anche l’Italia, nei prossimi giorni, d’intesa con il Ministero della Salute», potrebbe «percorrere la strada di un’autorizzazione emergenziale, sollecitata anche dall’Agenzia Europea del farmaco”, aprendo così la strada al trattamento domiciliare nelle prime fasi post-contagio da Coronavirus con il farmaco antivirale sviluppato e prodotto casa farmaceutica Merck e da Ridgeback Biotherapeutics. A confermarlo è il presidente dell’Aifa, Giorgio Palù, in un’intervista a Il Mattino, aprendo la strada al possibile impiego emergenziale del farmaco antivirale per via orale anche in Italia. Il farmaco è attualmente ancora in attesa d’approvazione da parte dell’Fda statunitense, così come dell’Agenzia Europea del farmaco (Ema). Secondo il docente emerito di Virologia dell’Università di Padova, inoltre, la pillola Molnupiravir «può essere un farmaco da affiancare ai vaccini nei soggetti esposti o con patologie», dimezzando il pericolo di ricovero o di morte per chi viene contagiato dal Sars-CoV-2 in modo leggero o moderato.
L’uso di terapie monoclonali
Si tratta però di un farmaco da affiancare alle terapie disponibili contro il Covid, tra cui il professor Palù inserisce anche i monoclonali che «sono efficacissimi, se dati in tempo a soggetti con rischio di sviluppare una malattia grave». E il numero uno dell’Agenzia italiana del farmaco chiarisce anche perché sinora le terapie con monoclonali non sono state molto impiegate sinora in Italia. Le ragioni vanno cercate nella logistica. Difatti, spiega, «essendo la finestra di somministrazione molto stretta, entro i primi giorni dalla comparsa dei sintomi, è necessario un collegamento diretto tra momento diagnostico e intervento terapeutico. Poi – aggiunge ancora Palù – l’attuale modalità di somministrazione è endovena, con un’ora di infusione e una seconda ora in osservazione, in quando possono esserci delle reazioni allergiche rischiose». In futuro, però, non si esclude l’impiego di «combinazioni di monoclonali somministratili sottocute e intramuscolo e si apre la strada all’uso domiciliare». Ma prima di far ciò, sottolinea Palù, «dobbiamo riorganizzare la medicina sul territorio per diagnosi e terapia vicino al malato».
«Va fatta la terza dose di vaccino per potenziare l’immunità»
E i vaccini? Il presidente di Aifa ribadisce che grazie ai vaccini la situazione epidemiologica italiana attuale «non può essere paragonata a quella di un anno fa», sottolineando come «la protezione nei confronti di malattia grave e mortale permane a livelli percentuali alti, superiori al 90 per cento». Va fatta però la terza dose dopo almeno 6 mesi dalla fine del primo ciclo, ribadisce Palù, «per potenziare l’immunità». E infine, il numero uno di Aifa apre anche alle vaccinazioni degli under 12: «I dati epidemiologici dicono che proprio la popolazione da 6 a 11 anni che frequenta le scuole e non è stata ancora vaccinata è responsabile della maggior percentuale di casi incidenti e serbatoio del virus e il vaccino è efficace e privo di effetti avversi». Per la vaccinazione dei più giovani, però, l’Italia attenderà il responso dell’Ema, che arriverà entro dicembre, «soppesando rischi e benefici sugli studi di fase 3» sulla vaccinazione degli under 12.
Foto in copertina: ANSA / Bergamaschi / Silvino
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