Il piano di Salvini per uscire dal governo Draghi: «Tra lui e Giorgetti la convivenza è impossibile»

Il Capitano comincia a costruire il dopo-premier in attesa del voto per il Quirinale. Moncalvo: «Un congresso sarebbe un suicidio dell’intera Lega»

Finita l’emergenza addio al governo Draghi. Mentre la Lega incassa la pace armata tra il segretario Matteo Salvini e il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti, il Capitano comincia a costruire il dopo-premier in attesa del voto che potrebbe portare SuperMario al Quirinale. E delinea i contorni di un piano che potrebbe scattare quando sarà finita la necessità della legislazione speciale contro il Coronavirus. Il dubbio, spiega oggi un retroscena di Repubblica, rimane soltanto quello della durata del Carroccio al governo. Le ipotesi sono due: fino al voto per il Quirinale o alla scadenza naturale della legislatura. Rispecchiano le diverse visioni su Draghi di Salvini e Giorgetti. L’obiettivo del segretario è quello di costruire un programma per le urne. E vincere le elezioni con il centrodestra.


Lega di lotta e di governo

Intanto c’è già una data che potrebbe costituire lo spartiacque. È quella del “congresso” dell’11 e del 12 dicembre. Lì Salvini potrebbe annunciare che è finita l’epoca della Lega di lotta e di governo e uscire dalla maggioranza che sostiene il governo. Intanto il Capitano tesse la tela delle alleanze europee. Che serve a tenere la Lega il più possibile lontana dal Partito Popolare Europeo. E ancorata al sovranismo europeo. Probabilmente attraverso un’alleanza tra Id ed Ecr, i gruppi di Lega e Fratelli d’Italia a Strasburgo. Che però deve concludersi entro un mese, visto che la legislatura europea si avvia verso il midterm e per quella data bisogna avere una mappa chiara dei gruppi in vista delle nomine e dei rinnovi delle cariche. E con la resa dei conti con Giorgetti sul tavolo. Che, secondo l’ex direttore de La Padania Gigi Moncalvo non può più aspettare. In un’intervista a La Stampa Moncalvo oggi dice che i due non possono più coesistere. «La gestione di questa diatriba si trasformerà in un laboratorio politico interessante da osservare. Certo, se si va a un congresso, in una situazione dove c’è bisogno di un aggancio ai numeri, Giorgetti non ha molte speranze di affermazione. “Consiglio federale” è un termine da partito stalinista e la Lega infatti è organizzata come una setta, dove troppi uomini dell’attuale classe dirigente leghista non sono in grado di fare analisi politica. Preferiscono stare dalla parte di chi è più sanguigno e ruspante, non da quella dei ragionatori. Un congresso si tradurrebbe però in un suicidio dell’intera Lega».


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