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Irene Pivetti sotto accusa tra Ferrari e paradisi fiscali: cosa sappiamo della nuova inchiesta

19 Novembre 2021 - 09:14 Redazione
L'accusa della procura di Milano è pesantissima. Non solo l'inchiesta sulle mascherine, ora anche quella per evasione fiscale e auto-riciclaggio. Ecco cosa è successo

Non bastava l’inchiesta sulla fornitura da 15 milioni di mascherine chirurgiche di origine cinese alla Protezione civile. Ora Irene Pivetti, la più giovane presidente della Camera della storia italiana, finisce di nuovo nella bufera per evasione fiscale e auto-riciclaggio insieme ad altre sei persone tra cui l’ex pilota marchigiano Leonardo detto “Leo” Isolani. La procura di Milano, che ha delegato le indagini ai finanzieri, infatti, ha scoperto un fiume di denaro partito da Hong Kong e circolato tra conti esteri che non sarebbe mai stato dichiarato al fisco italiano. Al centro delle indagini l’acquisto, da parte di una compagnia di investimenti cinese, della scuderia di Leo Isolani. Ora, con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, il pm ha disposto un sequestro da 4 milioni di euro per Pivetti e per il suo consulente che l’avrebbe aiutata in questo complicato (ma vantaggioso) giro d’affari. Ma cosa è successo?

Cosa è successo

Tutto comincia il 3 aprile del 2016 quando vengono siglate tre compravendite che coinvolgono Leo Isolani, la società di Pivetti e la compagnia cinese. Affari da 10 milioni di euro, dei quali 7,5 finiti nelle disponibilità di Pivetti, sempre secondo l’accusa. L’accordo nasce perché Isolani voleva sottrarre le sue tre Ferrari dall’aggressione dell’Agenzia delle Entrate che, nel frattempo, gli aveva inviato cartelle esattoriali per oltre 5 milioni di euro. Intanto, però, il gruppo Dahoe, del magnate cinese Xi Jian Zhou, voleva appropriarsi del marchio italiano Isolani Racing Team with Ferrari ed era disposto a sborsare milioni e milioni pur di avere il logo con il cavallino. Isolani, allora, avrebbe potuto vendere il suo marchio direttamente ai cinesi? No, avrebbe potuto farlo solo cedendo anche i beni della scuderia, quindi le tre Ferrari da cui, però, non voleva separarsi. Da qui l’intervento di Pivetti.

Un fiume di denaro dalla Cina

A mediare tra i due, infatti, sarebbe spuntata la Only Italia srl, che fa riferimento a Pivetti, che avrebbe acquistato la scuderia di Isolani a 1,2 milioni di euro per poi rivenderla ai cinesi, alla More & More investment, riconducibile all’imprenditore Xi Jian Zhou, a 10 milioni di euro. Dieci volte di più. Nasce così la simulazione di «compravendita parziale»: sulle carte, dunque, Isolani cede tutto a Pivetti, Ferrari comprese. Di fatto no. Cede solo il logo. Le Ferrari restano con lui e volano alla Tenerife dove Isolani avrebbe cercato di venderle. Intanto il magnate cinese sborsa i 10 milioni di euro e, così come desiderato, si appropria del marchio (ma non delle auto che, dunque, sfuggono al fisco italiano). I soldi, intanto, hanno viaggiato tra Hong Kong, Cina, Macao, Svizzera, San Marino, Malta, Monaco, Gran Bretagna, Polonia e Spagna per un totale di oltre 7 milioni e mezzo di euro. Somme su cui non sarebbero state pagate le tasse nel nostro Paese: «Somma non sottoposta ad imposizione fiscale in Italia perché non indicata nelle relative dichiarazioni dei redditi», sostiene il pm. Da qui l’accusa di evasione fiscale per Pivetti che si aggiunge a quella di auto-riciclaggio visto che l’ex presidente della Camera avrebbe reimpiegato quel fiume di denaro nella sua società.

Foto in copertina: ANSA/MASSIMO PERCOSSI

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