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Luca Morisi: la procura chiede l’archiviazione per l’accusa di cessione di droga

luca morisi indagine archiviazione
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La procura di Verona chiude l'indagine. La richiesta di archiviazione arriva «per la particolare tenuità del fatto»

La procura di Verona chiede l’archiviazione per la posizione di Luca Morisi. L’ex guru della comunicazione della Lega era indagato per cessione di stupefacenti. Nella sua casa a Belfiore ad agosto durante una perquisizione i carabinieri avevano trovato pochi grammi di cocaina. Mentre due escort, Alexander e Petre, che erano stati a casa sua fino al mattino lo accusavano di aver consegnato loro un flacone contenente della “droga dello stupro”. Le indagini hanno appurato che furono i due ragazzi ad arrivare a Belfiore con il flaconcino. E quindi secondo i pubblici ministeri ciascuno aveva il proprio stupefacente che ha condiviso con gli amici.

«Particolare tenuità del fatto»

La procuratrice di Verona Angela Barbagallo conferma al Corriere della Sera: «La richiesta di archiviazione è per la particolare tenuità del fatto». Ora la parola passa al giudice per le indagini preliminari. Che dovrà decidere se seguire l’indicazione dei pm e archiviare l’indagine, oppure ordinare ulteriori approfondimenti, oppure ancora di sconfessare le conclusioni dei pubblici ministeri. Durante la sua testimonianza davanti ai giudici Morisi ha ammesso di aver acquistato cocaina per la serata ma ha negato il possesso della droga dello stupro. Un’affermazione confermata dalle chat che aveva scambiato con i due escort prima dell’appuntamento: in una di queste loro, rivolti a lui, dicevano «Ti portiamo G. Tu cosa usi?».

La storia comincia la notte del 14 agosto, quando Morisi contatta attraverso un siti di incontri uno dei due escort e chiede a lui e al suo amico di raggiungerlo a Belsito in provincia di Verona. Si accordano per il pagamento di 2.500 euro. Alle 4 di mattina Petre e Alexander arrivano a casa dell’inventore della Bestia. Alle 15,30 chiamano il 112 per denunciare il presunto furto della droga. Quando arrivano, i carabinieri trovano i tre a litigare nel cortile della villetta. Petre accusa Morisi di avergli dato la droga. I militari trovano 0,31 grammi di cocaina in casa, nascosti in un libro. Altre tracce vengono trovate su due vassoi. Scatta così la denuncia.

L’ipotesi di complotto

Morisi avvisa il suo avvocato Fabio Pinelli e Matteo Salvini. Il 23 settembre arriva l’annuncio: il guru della comunicazione lascia ogni incarico nella Lega. Parla di motivi personali. Qualche giorno dopo esce la notizia dell’indagine. E le sue scuse pubbliche, veicolate attraverso i canali del Carroccio: «Ho delle fragilità esistenziali irrisolte». Morisi viene anche attaccato dal senatore Simone Pillon, che parla di «giustizia divina» che «ha fatto il suo corso e aggiungeva che nel partito c’era una “corrente Mykonos”, ovvero di gay, riprendendo l’aneddoto raccontato dal deputato Pd Alessandro Zan. Il quale aveva sostenuto di aver visto un leghista di quelli più arrabbiati contro il suo Ddl nell’isola greca mentre baciava un uomo.

Proprio a questo proposito il Corriere sostiene che nella Lega c’era chi riteneva troppo aggressive le sue campagne social. E questo basta per non fugare del tutto l’ipotesi di complotto dietro il caso. Ovvero che l’incontro a pagamento fosse una trappola in cui Morisi è caduto. Di certo alcune chat tra i leghisti rivelano che nel partito c’era chi era al corrente di tutto già da metà agosto. In questa ottica si era parlato anche di un quarto uomo presente sulla scena insieme a Morisi, Petre e Alexander. Una circostanza in seguito smentita dalla procura di Verona. Che oggi chiede l’archiviazione anche per tutte le accuse nei confronti di Morisi. Ora sarà il Gip a decidere.

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