Il mercato nero dei Green pass, revocati i 1001 certificati diffusi in rete: resta attivo ancora un database

I certificati contenuti nell’archivio principale non sono più attivi. In rete si possono trovare però dei codici ancora validi per generare Green pass

«Certificato non valido». È questo il messaggio che da oggi compare sull’app Verifica C19 quando si cerca di far passare un Green pass che appartiene alla lista di 1001 certificati diffusi sul web negli ultimi mesi. Un archivio di cui abbiamo parlato più volte su Open. Dopo le segnalazioni partite dai nostri articoli, il Garante della Privacy aveva deciso di avviare un’indagine per accertare la provenienza di queste certificazione. Anche la Procura di Milano e quella di Roma si erano mosse, aprendo due fascicoli per trovare su questa vicenda. Diversi giorni fa, come abbiamo potuto apprendere, erano cominciate tutte le operazioni per eliminare i Green pass validi ancora in circolazione. Ora il processo è stato completato: tutto l’archivio è entrato in una black list che rende i certificati non più riconoscibili dall’app Verifica C19.


Anche se il lavoro principale è stato fatto, rimane ancora un pezzo da fare. L’archivio con i 1001 Green pass appartenenti ad altri persone non è più utilizzabile, in compenso ne esiste un altro, meno noto, da 62 certificati che sono ancora attivi. Questi sono i primi codici per generare Green pass distribuiti nel dark web, ne abbiamo dato notizia il 30 ottobre. Con l’app Verifica C19, i codici risultano tutti ancora attivi, in tutte le modalità di controllo. Dalla nostre prove la loro validità è confermata sia nella modalità BASE (il Green pass che si può avere anche solo con un tampone) sia in modalità rafforzata (il Green pass che si può ottenere solo con vaccinazione o guarigione dal Covid).


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