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Libano, è il «giorno della rabbia»: scioperi e proteste in tutto il Paese

13 Gennaio 2022 - 12:05 Redazione
Il Libano è alle prese con la peggiore crisi economica degli ultimi decenni, tra aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e svalutazione della lira locale

In Libano è il «giorno della rabbia», con proteste e uno sciopero che rischia di mandare in tilt i trasporti. Scuole e università restano chiuse e gli autisti di mezzi pubblici sono pronti a bloccare le strade principali e a interrompere la circolazione in tutto il paese. Ieri sera a Beirut sono stati registrati scontri tra polizia e manifestanti. Nel paese sono aumentati i prezzi dei beni di prima necessità, pane e benzina in testa, dopo che la lira locale ha registrato l’ennesima svalutazione: oggi 33 mila lire valgono un dollaro Usa. Due anni fa il cambio era a 1.500 lire.

Le proteste

A Beirut e in altre città si attendono tensioni anche oggi, dopo che ieri sera decine di manifestanti si sono riuniti in protesta davanti alla contestata Banca centrale nella capitale e sono stati registrati lunghi scontri con le forze dell’ordine. Il governo del Libano, che sta attraversando la più grave crisi finanziaria degli ultimi decenni, ha dichiarato default nel marzo del 2020. Il 4 agosto 2020 la terribile esplosione nel centro di Beirut. Nel paese si susseguono ancora oggi i blackout. Le autorità stanno negoziando con il Fondo monetario internazionale provvedimenti nel tentativo di rilanciare l’economia libanese. Nel frattempo è scattato il divieto di espatrio per il governatore della Banca centrale libanese. Riad Salameh, politicamente vicino al presidente del parlamento, lo sciita Nabih Berri, si trova da quasi tre decenni a capo dell’istituto nazionale bancario libanese. La giudice Ghada Aoun, ritenuta vicina al presidente Michel Aoun (non sono parenti), ha emesso per lui un divieto di espatrio per una denuncia presentata da una piattaforma che si definisce per le “riforme del sistema” politico e finanziario libanese.

Il governatore viene ritenuto da molti responsabile del fallimento annunciato dal governo di Beirut a marzo del 2020 e alla base della crisi economica esplosa già nell’autunno precedente. Risulta indagato non solo in Libano ma anche in Francia, Lussemburgo, Svizzera e Lichtenstein per illeciti finanziari. Anche Berri, ex signore della guerra, è protagonista da 30 anni della vita politica del paese ed è rivale a livello politico di Aoun. Secondo alcuni osservatori dunque sarebbe stata la pressione di quest’ultimo a favorire le azioni legali contro Salame.

In copertina EPA/WAEL HAMZEH | Una strada vuota durante una protesta nel “Giorno della Rabbia” a Beirut, Libano, 13 gennaio 2022.

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