Le chat di Grillo con 10 eletti M5s: c’è anche Patuanelli. I pm: «Troppi 120 mila euro per gli articoli»

Il contratto e le richieste di favori da Moby e Onorato. Toninelli e le gare per Tirrenia: le ha fatte De Micheli. Le voci sul fallimento della Casaleggio e il Fatto che parla di “colpa politica indifendibile”

Nelle carte dei pm che indagano su Beppe Grillo e Moby ci sono le chat con 10 parlamentari del MoVimento 5 Stelle. Tra questi anche l’allora ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli e il suo vice Stefano Buffagni. Oltre a Danilo Toninelli, che ieri ha sostenuto di aver messo a gara le tratte che interessavano a Vincenzo Onorato. Che però vennero in realtà messe al bando dalla sua successora Paola De Micheli. Intanto i pubblici ministeri concentrano l’attenzione sul contratto tra il fondatore del M5s e la compagnia: due anni, 240 mila euro totali da pagare in dieci rate mensili da 10 mila euro da accreditare presso la filiale di Nervi della banca Passadore. Troppi, visto che sul blog alla fine è uscito un articolo al mese.


La trattativa

I contenuti redazionali che avrebbe realizzato Beppegrillo.it per Moby alla fine ammontano a quattro in totale. Il Fatto Quotidiano racconta oggi che il contratto prevedeva, come si legge a pagina 2, di mettere a disposizione di Moby uno «sky banner 300×500 (…) da utilizzarsi per inserimenti pubblicitari e la cui grafica potrà essere modificata non più di due volte al mese». Secondo il contratto la società di Grillo si sarebbe impegnato «su richiesta di Moby all’inserimento sul blog per un determinato periodo di tempo di contenuti redazionali che siano al massimo di uno al mese». Gli inquirenti scrivono nelle carte che durante la stesura del contratto «Grillo ha ricevuto da Onorato richieste di interventi a favore di Moby che ha veicolato a parlamentari in carica appartenenti» al suo «movimento politico, trasferendo al privato le risposte della parte politica o i contatti diretti con quest’ultima».


Mentre nell’unico articolo sul tema firmato dall’ex comico si parla della legge sugli sgravi fiscali per i marittimi. È intitolato «Siamo un popolo di navigatori, disoccupati» e si legge: «Onorato si sta battendo anima e cuore per salvaguardare i diritti dei nostri marittimi». Ma quando all’inizio del 2019 uno dei dirigenti di Moby scrive a Onorato perché non è convinto di rinnovare il contratto considerato troppo oneroso, la risposta del patron è inequivocabile: «Procedi con il rinnovo, è importante». E senza discussioni sulle possibili richieste di sconti. La Stampa ricorda oggi che tra le richieste su cui Onorato avrebbe insistito di più, c’era quella relativa al rinnovo della concessione per la continuità territoriale dei collegamenti con la Sardegna da 72 milioni di euro l’anno, «ossigeno» per il gruppo vicino al crac (oggi è prevista un udienza importante davanti al Tribunale Fallimentare). Il ministro dei Trasporti dell’epoca, Toninelli, si era pubblicamente opposto sostenendo la necessità di indire una nuova gara. Ma alla fine il rinnovo è arrivato. E anche su questi 72 milioni di euro pubblici hanno acceso un faro gli investigatori.

Le chat di Grillo con gli eletti

Le chat in cui Grillo parla con gli eletti M5s sono dodici, i messaggi singoli molti di più. Tutte riguardano richieste o lamentele di Grillo sul settore. Un episodio chiave lo racconta oggi Repubblica e risale al 2020: in pieno lockdown, mentre il mondo marittimo vive come tutti una crisi profondissima per il crollo dei passeggeri: i ricavi scendono anche del 90% ma i costi rimangono. E Beppe telefona, a volte non riceve risposta e manda messaggi: «Dobbiamo fare qualcosa per il settore», scrive. Ma a volte è ancora più diretto: «Il gruppo Tirrenia sta fallendo, possiamo intervenire?». Tanto impegno ha ottenuto risultati? L’ultimo giorno di marzo 2020 si svolge una conference call tra i commissari di Tirrenia, i vertici di Tirrenia Cin, la (nuova) ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli e proprio Patuanelli. Il vertice riguarda il blocco dell’operatività delle navi.

Dopo 24 ore salta fuori una soluzione. Ovvero lo sblocco della liquidità sequestrata a Tirrenia (cioè a Onorato). Che pubblicherà una nota per ringraziare i commissari, il Mit e il Mise per aver favorito la conclusione dell’accordo. Poi c’è il caso Toninelli. Che l’altroieri aveva spiegato di non aver mai favorito il gruppo: «Su Onorato ho detto che si fanno le gare e non le proroghe delle convenzioni». Ma a febbraio 2020 è Paola De Micheli che si rivolge a Domenico Arcuri di Invitalia per le indagini di mercato preliminari. La stesura dei bandi arriva subito dopo. E Onorato smette di pagare le inserzioni sul blog di Grillo e interrompe la collaborazione con la Casaleggio. La convenzione viene stipulata a maggio: delle sei tratte andate in gara, Cin ne ottiene una: mezzo milione di euro all’anno. Dai 72 che incassava regolarmente come contributi pubblici. I ricorsi di Onorato per non bandire la gara vengono entrambi bocciati. Le altre tratte se le aggiudicano Grimaldi e Nlg. Le casse pubbliche risparmiano 40 milioni.

Il fallimento della Casaleggio Associati?

Intanto il Corriere della Sera riporta una serie di voci che riguardano la Casaleggio Associati, che sarebbe in una fase finanziaria talmente negativa da considerare l’ipotesi di liquidazione. Negli ultimi mesi si è verificata una riduzione del personale mentre la sede di Corso Monterone a Milano è in via di dismissione. Il bilancio del 2020 ha un saldo negativo di oltre 320 mila euro. E Davide Casaleggio ha perso l’appoggio del MoVimento 5 Stelle durante la guerra su Rousseau. Per questo, si legge nel rendiconto d’esercizio depositato alla Camera di Commercio, la pandemia «ha imposto l’esigenza di contenere il più possibile lo sviluppo del contagio, comportando la modifica di procedure e attività». A Roma i parlamentari si dicono dispiaciuti della situazione: «Nonostante tutto, la Casaleggio rappresenta una parte importante del nostro percorso, speriamo si possa riprendere al più presto».

Una colpa politica indifendibile

Intanto, sempre sul Fatto Quotidiano, è Marco Lillo a parlare di «colpa politica indifendibile» a proposito di Beppe. Secondo il vicedirettore del quotidiano di Marco Travaglio «quei soldi sporcano la sua battaglia». Lillo parla della petizione per i lavoratori marittimi lanciata da Grillo e si interroga: «Chi ha sottoscritto la petizione su richiesta di Grillo, lo avrebbe fatto se avesse saputo che la società del comico incassava 120 mila euro all’anno? Forse no». Secondo Lillo è stata una questione di soldi: la Beppegrillo srl ha portato a casa ricavi per 240 mila euro nel 2019 e 230 mila euro nel 2018. E quindi senza i soldi di Onorato probabilmente avrebbe faticato a chiudere i bilanci. Nel 2020, a causa anche della pandemia, la società ha avuto ricavi per 58 mila euro con una perdita di 12 mila euro contro un utile lordo di 89mila euro del 2019 e di 101 mila nel 2018. La conclusione: «Proprio nel 2018 Grillo aveva diviso i destini del suo sito da quelli del M5s. Sarebbe stata dura ammettere che il sito faticava a mantenersi. L’orgoglio probabilmente è stato la molla che lo ha spinto a commettere il più grave errore politico della sua vita: errore che non pagherà solo lui».

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