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Le chat con Toninelli che inguaiano Beppe Grillo: cosa c’è nell’inchiesta sui soldi da Moby

beppe grillo danilo toninelli
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Un milione di euro sotto la lente dei magistrati. L'ex ministro: «Mi sono fatto tanti nemici potenti». Il mistero svelato del mancato sequestro del telefonino e la pena per il reato aumentata da Bonafede

Ieri l’ex ministro delle Infrastrutture del governo Conte I Danilo Toninelli ha difeso Beppe Grillo, indagato per traffico di influenze illecite nell’inchiesta sui soldi di Moby. In una diretta su Facebook Toninelli ha detto che «gli altri» hanno usato la politica per arricchirsi, lui no: «Come fai a non avere fiducia in uno che da quando è entrato in politica ha perso soldi?». Intanto però tra gli atti dell’inchiesta ci sono proprio le chat tra Toninelli e Grillo. Lui, non indagato, aveva all’epoca intavolato un braccio di ferro con Vincenzo Onorato, il patron di Moby. Proprio sul rinnovo delle concessioni delle tratte.

Un milione di euro sotto la lente

A scrivere il nome di Toninelli tra le chat delle carte su Grillo è oggi Repubblica. Il quotidiano precisa che tra le parlamentari attive nella vicenda c’era anche all’epoca Carla Ruocco. Al centro dell’indagine anche le date: il contratto pubblicitario di Moby con la Beppe Grillo srl parte dal primo marzo 2018 e si esaurisce il primo marzo 2020. Il governo Conte I è restato in piedi fino al settembre 2019. Le chat di cui si parla non sono frutto di intercettazioni di Grillo o Toninelli. Sono state invece trovate nella copia forense di pc e cellulari sequestrati a Onorato dalla procura di Firenze nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Open di Matteo Renzi. E arrivato a Milano dopo l’apertura dell’inchiesta per bancarotta fraudolenta dopo il crac dell’azienda.

Il valore complessivo dei contratti su cui indaga la pubblica ministera Cristiana Roveda insieme all’aggiunto Maurizio Romanelli è di 1 milione e cinquanta mila euro. Due contratti da 120 mila euro che risalgono al 2018 e al 2019 sarebbero «apparentemente corrispettivo di un accordo di partnership» della Beppe Grillo srl con la Moby. «Lo stesso Grillo ha ricevuto da Onorato richieste di interventi in favore di Moby, che ha veicolato a parlamentari in carica, trasferendo quindi al privato le risposte della parte politica o i contatti diretti», sostiene la procura. Sotto la lente anche il contratto tra Moby e Casaleggio Associati: 600 mila euro più Iva e fees aggiuntive «per la stesura di un piano strategico e l’attuazione di strategie» per gli sgravi fiscali delle compagnie marittime italiane. Contratti ritenuti illeciti per la genericità degli importi e dei testi.

«Mi sono fatto tanti nemici potenti»

Toninelli intanto con La Stampa non vuole commentare la vicenda. Si limita a dire «mi sono fatto tanti nemici potenti» quando era ministro. «Su Onorato non ho nulla da dire. Io ho fatto solo ciò che si doveva fare. Cioè ho detto che si fanno le gare e non le proroghe delle convenzioni», sostiene poi l’ex ministro, che naturalmente non è indagato. Ed è vero che Toninelli non ha mai favorito Onorato, anzi. Tra i due si arrivò anche a uno scontro frontale nel gennaio 2019 quando il candidato M5s alla presidenza della Regione Sardegna annunciò lo stop alle vecchie concessioni annunciando una gara per il 2020. E oggi ricorda: «Se mi hanno sostituito al governo anche per questa mia fermezza? Non ho elementi per rispondere, ma di certo per quello che ho fatto da ministro mi sono fatto tanti nemici potenti». Ma Toninelli non ricorda se qualcuno nel M5s ascoltasse Onorato: «Non lo so proprio. Quello che so è che io volevo servizi efficienti e tariffe più basse, ma soprattutto che non concedevo mai proroghe di concessioni e che non l’ho fatto nemmeno in questo caso».

Bonafede e il reato di traffico di influenze

C’è poi chi ricorda che le pene per il reato di traffico di influenze sono state aumentate di recente: la pena massima è passata da tre a quattro anni e mezzo. Protagonista di quella decisione fu proprio l’allora ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede. Il Corriere della Sera intanto spiega perché i magistrati non hanno sequestrato il telefono cellulare di Grillo. Si tratta di una scelta della procura di Milano che ha rinunciato al sequestro per non finire sotto accusa per le possibili intrusioni nella privacy, visti anche i contatti autorevoli che il fondatore del M5s mantiene al telefono. Ma evidentemente chi indaga pensa di trovare i riscontri senza problemi negli apparecchi delle cinque persone (non indagate) a cui sono stati sequestrati. Si tratta di: Nina Monti, grafica web del sito di Beppe, Luca Eleuteri, socio fondatore della Casaleggio, Achille Onorato, il figlio di Vincenzo amministratore delegato della compagnia, Annamaria Barrile, responsabile delle relazioni istituzionali, e Giovanni Savarese, capo dell’ufficio stampa.

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