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Report Iss, calano i ricoveri tra gli under 19 positivi (e frenano i contagi). Chi è senza vaccino rischia di morire 23 volte di più

12 Febbraio 2022 - 12:32 Redazione
Nelle ultime tre settimane i contagi sotto i 19 anni si sono stabilizzati, segnando una frenata dopo un periodo di aumenti

Segnali positivi sul miglioramento dello scenario pandemico arrivano dall’ultimo report esteso dell’Istituto superiore di Sanità, in particolare sui dati in calo relativi ai ricoveri di bambini e ragazzi in età scolare positivi al Coronavirus. Per quanto il dato delle ultime due settimane non sia ancora stabilizzato, spiega il rapporto dell’Iss, nella fascia di età tra i zero e i 19 anni: «si registra un andamento in decrescita» delle ospedalizzazioni. Da quando è iniziata la pandemia, i casi che hanno riguardato i ragazzi sotto i 19 anni sono stati poco più di 2,5 milioni, di cui 13.632 ricoverati e 323 in terapia intensiva. In questa fascia d’età, sono stati 44 i casi di decesso. Ma nelle ultime tre settimane, la percentuale di contagi è rimasta stabile, con un lieve miglioramento, passando dal 32% della scorsa settimana, al 31% degli ultimi sette giorni. Sul fronte dei contagi, la fascia d’età tra i 5 e gli 11 anni ha registrato la percentuale più alta di casi, il 45%. Seguono i ragazzi tra i 12 e i 19 anni con il 36% dei casi tra i zero e i 19 anni e infine i bambini sotto i 5 anni con il 19%. Il report esteso dell’Iss conferma l’alto tasso di letalità con la Covid-19 che caratterizza la popolazione non vaccinata. Il tasso di mortalità per i non vaccinati è di 103 decessi ogni 100mila abitanti, cioè nove volte superiore rispetto a chi ha ricevuto almeno due dosi di vaccino da meno di 120 giorni. Sale a 23 volte poi il rischio di morire per chi non è vaccinato rispetto a chi ha ricevuto anche la terza dose. I rischi per i non vaccinati persistono anche sul fronte dei ricoveri, visto che nella popolazione con più di 12 anni tra il 24 dicembre 2021 e il 23 gennaio 2022, il tasso di ricoveri in terapia intensiva è stato di 40 ogni 100mila abitanti, cioè 25 volte più alto rispetto a chi aveva ricevuto la terza dose.

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