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Niente voto sulla Cannabis, per i promotori del referendum è tutta colpa di Amato: «Dice il falso e sugli stupefacenti si sbaglia»

16 Febbraio 2022 - 20:56 Redazione
«Nel combinato disposto degli articoli, la tabella fa riferimento esattamente alla Cannabis» dice Cappato. Per il comitato Referendum cannabis, «la scelta è tecnicamente ignorante ed esposta con tipico linguaggio da convegno proibizionista»

C’è la tabella di classificazione degli stupefacenti al centro del dibattito più acceso della serata, dopo la bocciatura del quesito referendario sulla cannabis da parte della Corte Costituzionale. Il presidente Giuliano Amato in conferenza stampa ha spiegato che il primo dei tre sotto-quesiti del quesito sulle sostanze stupefacenti riporta l’articolo 73 comma 1 della legge sulla droga che prevede «che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3 che non includono neppure la cannabis (che è nella tabella 2) ma includono il papavero, le foglie di cocaina e le cosiddette droghe pesanti». Per il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, le cose non stanno affatto così.

«Giuliano Amato ha affermato il falso dicendo che il referendum non toccherebbe la tabella che riguarda la cannabis – ha scandito Cappato -. Non sono stati nemmeno in grado di connettere correttamente i commi della legge sulle droghe – è il suo attacco -. Un errore materiale che cancella il referendum». Per l’ex parlamentare del Parlamento europeo, tra i promotori del referendum, «non è stato letto correttamente il combinato disposto degli articoli che invece secondo noi riguarda invece esattamente la cannabis. La tabella fa riferimento, nel combinato disposto degli articoli, esattamente alla Cannabis», ha ribadito ancora. «Purtroppo il danno vero è stato inferto alla credibilità delle istituzioni – ha concluso -. Continueremo a portare avanti le battaglie sulla Cannabis e sull’eutanasia con la disobbedienza civile».

Anche il presidente del comitato Referendum cannabis Marco Perduca ha affermato con convinzione che è Amato a sbagliarsi sulle tabelle perché esse «sono cambiate nel 2014». «Il riferimento del presidente alle tabelle è fattualmente errato: dall’anno della bocciatura della legge Fini-Giovanardi (2014) il comma 4 è tornato a riferirsi alle condotte del comma 1, comprendendo così la cannabis. La scelta è quindi tecnicamente ignorante e esposta con tipico linguaggio da convegno proibizionista», è la feroce critica diffusa tramite una nota. E per il comitato il presidente della Consulta dice il falso anche quando si riferisce a obblighi internazionali: «Il quesito non viola nessuna convenzione internazionale tanto è vero che la coltivazione è stata decriminalizzata da molti paesi, ultimo tra questi Malta». «Le sue motivazioni sono intollerabili. Si è persa l’unica occasione di cambiare le leggi sulle droghe che in questo Paese nessuno ha il coraggio di toccare. », ha concluso quindi Perduca, annunciando una conferenza stampa in programma per domani alle 11.

Meloni: «Lo stop è una vittoria, una battaglia per la difesa della vita»

«La bocciatura sulla droga legale è una vittoria. Quella contro le droghe e le dipendenze è una battaglia in difesa della vita che non ha colore politico – è il commento della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni -. Un pensiero alle tante vittime della droga e alle loro famiglie, che hanno vissuto o stanno vivendo sulla loro pelle una delle piaghe sociali più tragiche del nostro tempo e chiedono che lo Stato e le istituzioni siano al loro fianco. Continueremo a batterci in ogni sede per una vita libera dalle droghe e dalle dipendenze».

Dadone: «Resta chiara la richiesta cittadini su eutanasia e cannabis»

«Dispiace prendere atto del fatto che due questioni, che evidentemente scuotono le sensibilità dei singoli cittadini forse anche più dei quesiti sulla giustizia, non siano state ammesse al voto referendario – è invece la reazione della la ministra alle Politiche Giovanili Fabiana Dadone in un post su Facebook riferendosi ai referendum su eutanasia e cannabis. Resta chiara la richiesta dei cittadini di intervenire su certi temi. Il Parlamento ha l’occasione di cogliere questo momento storico sanando una frattura, innegabile, tra istituzioni e voce del popolo».

Radicali: «Con questo no vanno in fumo 2 milioni di firme»

«Con questa nuova fumata nera sono state bruciate quasi 2 milioni di firme raccolte per i referendum eutanasia e cannabis. Si tratta di sentenze politiche che cancellano la più grande mobilitazione popolare della storia recente. È un brutto giorno per la democrazia nel nostro Paese”. Questo il commento di Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, segretario, tesoriera e presidente dei Radicali Italiani dopo la bocciatura quesito da parte della Consulta. «Legalizzare la cannabis e i suoi derivati, lo ricordiamo ancora, vuol dire minare alle basi la criminalità organizzata che ricava la maggior parte dei suoi proventi dal traffico di droga. Significa anche separare il mercato della cannabis da quello delle droghe pesanti e poter finalmente creare decine di migliaia di posti di lavoro, non ultimo significa anche la realizzazione di introiti miliardari per lo Stato».

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