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La Russia spegne internet? Cosa sta succedendo davvero tra falsi allarmi e nuove strategie anti hacker

07 Marzo 2022 - 21:15 Valerio Berra
Secondo Antonio Capone, professore di Ingegneria delle telecomunicazioni al Politecnico di Milano, al momento le mosse del Cremlino sono solo di tipo difensivo: «Al momento sarebbe un danno per la Russia più che per il resto del mondo»

Prima la nota ufficiale diffusa dall’agenzia di stampa Nexta: «La Russia si sta preparando a staccarsi da internet il prossimo 11 marzo». Poi la smentita del Cremlino attraverso un’altra nota diffusa dall’agenzia Tass: «Ci stiamo preparando per diversi scenari. Non ci sono piani per disconnettere Internet dall’interno». In mezzo una guerra che in questi giorni ci ha abituato a immaginare anche gli scenari più improbabili e a fidarci poco delle veline inviate da Mosca ai media sovvenzionati dal governo. Nella fog of war digitale una cosa è chiara: dopo 12 giorni di attacchi informatici cominciati con l’ingresso delle prime truppe in Ucraina, il Cremlino ha deciso di cambiare direzione e innalzare i livelli di sicurezza di tutta la rete internet russa.

Secondo l’agenzia di stampa Nexta il messaggio arriva dal ministero dello Sviluppo digitale ed è rivolto alle «autorità esecutive federali e agli enti costitutivi della Federazione Russa». Dentro c’è una guida in otto passaggi per innalzare la sicurezza dei siti russi. Alcuni sono molto banali come «verificare la presenza dell’accesso degli account personali degli amministratori dei domini dei siti pubblici in rete Internet» o «aggiornamento e rendere più complessa la password». Altri invece prevedono operazioni più complesse, come «cancellare da pagine HTML tutti i codici Javascript scaricati da risorse estere» o «passare ad utilizzare i server di DNS localizzati sul territorio della Federazione russa».

Sta per nascere una rete russa?

Antonio Capone è professore ordinario di ingegneria delle telecomunicazioni al Politecnico di Milano. Leggendo le informazioni diffuse dalle agenzia stampa Nexta spiega subito che l’obiettivo sembra essere quello di aumentare la sicurezza, non creare un ecosistema a parte: «Non sono mosse che servono per isolare direttamente la rete. L’obiettivo è garantire un livello di affidabilità maggiore rispetto all’attacco di hacker esterni: quello che dimostrano le indicazioni circolate è che questi attacchi sono temuti. Dentro ci sono anche indicazioni banali, come quelle sulle password. In generale queste sembrano tutte mosse difensive».

Uno dei nodi che hanno fatto immaginare lo scenario di un distaccamento completo della rete russa è quello che riguarda i Dns, ossia i Domain name system. In breve, questo sistema è quello che regola gli indirizzi che usiamo per muoverci sul internet: è il nome del dominio che identifica un sito. Fra gli indirizzi più diffusi ci sono quelli nazionali, il nostro finisce in .it, quello russo in .ru. Nelle indicazioni diffuse da Nexta viene chiesto a tutti di verificare che i server dove sono ospitati i Dns del servizio offerto siano nel territorio della Federazione russa. Ossia che il nome del proprio sito sia stato registrato su un computer che fisicamente si trova nei confini del territorio russo.

Per Capone anche in questo caso si tratta di una mossa difensiva, anche per evitare gli effetti di nuove sanzioni: «Spostare fisicamente i domini dai server esteri a quelli interni alla Russia è un modo per proteggere i domani dagli attacchi e dalle sanzioni. Nel caso un azienda che ora gestisce dall’estero un dominio russo smettesse di collaborare con Mosca, quel dominio potrebbe diventare irraggiungibile. Concentrando tutto sul territorio russo invece non ci dovrebbero essere problemi».

Il paragone con il mercato cinese

Appena circolata la notizia sulla disconnessione della Russia si è pensato subito al sistema cinese. Quando la dinastia Qin decise di costruire il primo scheletro della Grande muraglia cinese l’obiettivo era difendersi dagli attacchi esterni e proteggere l’integrità del regno appena nato. Lo stesso principio ha mosso il governo di Pechino a creare il Great Firewall, il muraglia di codici che chiude la rete internet cinese e filtra i messaggi con il resto del mondo. A rendere improbabile il paragone ci sono però le dimensioni dei due Stati: «La rete internet russa è molto piccola, è difficilmente comparabile con quella cinese. La Cina ha una popolazione da 1,4 miliardi di persone, la Russia arriva a 144 milioni. Pechino lavora da anni per costruire un sistema autonomo e ha tutta la tecnologia per farlo. Al momento sarebbe un danno per la Russia più che per il resto del mondo. Senza contare che il sistema cinese filtra quello che arriva da fuori ma non lo esclude completamente».

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