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Chi era Edy Ongaro, il foreign fighter veneto morto in Donbass che combatteva con i filo-russi contro Kiev – Il video

Il miliziano era originario di Portogruaro, aveva 46 anni e dal 2015 si era unito alla brigata Prizrak contro l’esercito ucraino

Edy Ongaro, il foreign fighter italiano morto il 30 marzo nel Donbass, dal 2015 combatteva con le forze separatiste che appoggiano Putin in ottica anti–Ucraina. Il miliziano era originario di Portogruaro, in provincia di Venezia, e aveva deciso di raggiungere la regione dell’Ucraina per unirsi alle forze filo-russe contro Kiev. La scelta di arruolarsi tra le milizie separatiste filo-russe, come dichiarato in alcune interviste passate, era legata «al rispetto verso se stessi e verso gli altri: questo dovrebbe portare molte persone, soprattutto per chi come me era in condizioni deplorevoli, scandalose, per uno Stato che si dice civile». Ongaro, prima di lasciare l’Italia per arruolarsi con le milizie separatiste filorusse, aveva avuto una vita non priva di difficoltà, così come confermato dal Collettivo Stella Rossa che, nel comunicato della sua morte, lo ha definito «un Compagno puro e coraggioso, ma fragile» e che «in Italia aveva commesso degli errori». Prima di arruolarsi, Ongaro era disoccupato, e nel 2015 era rimasto coinvolto in un’aggressione contro un barista. Poi il viaggio in Spagna, durato tre anni, dove il 46enne diceva di aver «imparato molto sulla sulla guerra civile spagnola». Successivamente, nel 2015, la scelta del Donbass, con la decisione di arruolarsi nella brigata Prizrak, l’esercito dei foreign fighters provenienti da tutta Europa per combattere contro l’esercito ucraino.


La decisione di Edy Ongaro di arruolarsi con le milizie filo-russe

«Mi chiamo Edy Ongaro, nome di battaglia “Bozambo”, vengo dalla provincia di Venezia, Giussago di Portogruaro, un piccolo paesino come tanti in mezzo alla campagna», raccontava il 46enne in un’intervista. «Con molto orgoglio e molto onore posso dire di essere parte della Prizrak, questo battaglione internazionalista, in cui mi sento dal primo momento tra compagni e compagne. In ogni Stato, in ogni parte del globo c’è qualche minoranza, qualche etnia che viene calpestata e allora bisogna reagire. La sana ribellione che ci hanno insegnato i nostri nonni nella Resistenza è giusto che venga usata». «Non mi sento patriota – spiegava ancora Ongaro -. Sono internazionalista, e sono vicino agli esseri umani, i poveri, sono vicino a chi è uguale a me. Io liberamente, non avendo nessun peso sulle spalle, penso che finché il sangue scorrerà da qui non uscirò mai: la mia scelta è di restare qui. Sto cercando di avere la cittadinanza in queste repubbliche che sento sempre più mie», spiegava.


«Qui – raccontava ancora – ci sono tanti volontari: ci sono manager moscoviti e muratori, hanno mollato tutto e sono venuti a combattere contro il fascismo. Io non chiedo a nessuno di fare l’eroe, ma il rispetto verso se stessi dovrebbe portare qui (nel Donbass, ndr) molte persone. Se potete, venite qua». E anche all’esplosione del conflitto oltre le regioni indipendentiste al confine tra Ucraina e Russia, Ongaro sui social ha apertamente supportato e sostenuto la decisione del presidente russo Vladimir Putin di invadere e attaccare Kiev, sostenendo la guerra per «smilitarizzare e de-nazificare» l’Ucraina.

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