«Vi racconto il massacro di Bucha che ho visto con i miei occhi. Ma il peggio è che ce ne sono altri»

Rodrigo Abd è il fotoreporter dell’Associated Press che è entrato per primo nella cittadina. Il suo racconto

Rodrigo Abd, fotoreporter dell’Associated Press, è stato il primo a entrare a Bucha insieme al collega Vadim Garda. In un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera racconta cosa ha visto con i suoi occhi nella cittadina teatro del massacro: «Tutti quelli che sono vivi ora sono stati chiusi in cantina per un mese, nascosti o prigionieri, e sono sopravvissuti. Vogliono tutti parlare, raccontare, parlano con tutti quelli che vedono per strada, qualcuno piange come una fontana, qualcuno non piange nemmeno. Ieri ho visitato un appartamento dove i russi avevano un quartier generale: oggi cucinavano all’aperto, per chi c’era, raccontavano di essere stati per un mese in cantina, senza elettricità né acqua. Ci sono ancora molte cantine che non sono state aperte, più ne apriremo più, ho la sensazione, vedremo orrori. Ci sono molti altri morti, molte altre fosse comuni. Molte altre Bucha».


Nell’Ucraina funestata dalla guerra e dalla morte, racconta Abd, l’odore è «disgustoso. A Irpin camminavo con un amico. Non andare da quella parte, mi hanno detto. C’è un cadavere in mezzo alla strada. Non me n’ero accorto. Quell’odore mi è penetrato nelle narici e non se ne va. Lo descriverei come una cosa che ti penetra e ti resta dentro per molto tempo, che senti a isolati di distanza. E ti inquieta sempre. Cammini tra i morti tutto il giorno. È molto triste. È un odore che ho già sentito in Guatemala, in Salvador, in Messico, in Siria, in Afghanistan. Ma non impari mai a dimenticarlo. Tu cerchi solo di essere tecnico, se sei paralizzato da quello che vedi sei inutile, e allora tanto varrebbe che restassi a casa».


«La mia tecnica è di restare saldo e forte e concentrato, per contribuire alla storia e al futuro. Ma poi mi sveglio la mattina e devo di nuovo andare a Bucha. Oggi ho visto una vecchia, 74 anni, che aspettava, aspetta tutto il giorno in mezzo ai cadaveri di suo fratello e suo marito. Lei sta lì per ore, in mezzo a quell’odore». Ma l’orrore non è a senso unico: «Le famiglie soffrono più di tutti. Anche quelle russe. Vedo soldati russi decapitati, dall’aspetto di bambini, o in decomposizione vicino ai loro carri. Mi sforzo sempre di pensare che le guerre facciano parte del passato, ma non succede mai».

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