Le navi scaricano petrolio e acque reflue fino a 3000 volte l’anno nelle acque europee. Ma restano impunite

Un’inchiesta di Lighthouse reports ha rivelato le pratiche illegali delle navi mercantili e l’inefficienza dei controlli

Tra le fonti principali che inquinano i nostri mari c’è lo scarico illegale di petrolio, oli minerali e acqua di sentina. Si stima che il 90% dell’inquinamento marino sia causato da azioni umane dannose, volontarie e sistemiche. Solo il restante 10% è dovuto a errori accidentali, come gli incidenti di navigazione. Una recente indagine pubblicata su Lighthouse reports, un’organizzazione olandese no-profit che conduce indagini transnazionali con metodi giornalistici e tecniche di intelligence open source e data science, ha rivelato la portata dello scarico di acque reflue e petrolio che ogni giorno viene gettata illegalmente dalle navi mercantili nelle acque europee. Se lo scarico in mare del petrolio è ormai cosa nota a seguito dei tanti incidenti verificati negli ultimi anni, Lighthouse Reports fa luce anche su un altro componente di cui si parla meno, ma ugualmente dannoso per l’ambiente, l’acqua di sentina.


Le strategie delle navi per scaricare illegalmente l’acqua di sentina

Si tratta dei liquidi che vengono raccolti nella parte più bassa delle navi, la sentina, che accumula gli scarti dell’imbarcazione: oli lubrificanti, carburanti e detergenti da lavaggio dello scafo. Lo scarico della sentina va effettuato nei porti tramite apposite tubature che depurano i componenti inquinanti, ma spesso le navi scaricano direttamente in mare per ridurre i costi operativi e i tempi. Le strategie che vengono utilizzate per lo scarico illegale di sentina e di altri inquinanti sono diverse. Le più diffuse sono: lo scarico di notte o in mare agitato perché in queste condizioni la tecnologia rileva più difficilmente l’evento inquinante, oppure l’utilizzo di pompe portatili che possono essere assemblate e chiuse in pochi minuti, permettendo a chi sta compiendo il crimine di nascondersi in caso di controllo. Inoltre, gli informatori di Lighthouse reports segnalano che anche laddove vengono rilevate fuoriuscite illegali, le sanzioni risultano sporadiche e non fanno da deterrente a queste pratiche illegali.


Chi controlla?

In Europa è l’Agenzia europea per la sicurezza marittima (Emsa) a controllare i potenziali scarichi di petrolio delle navi, attraverso il sistema CleanSeaNet che, appena identifica le fuoriuscite, invia una segnalazione al paese dell’Ue interessato. Quest’ultimo però non è vincolato a rivelare quale azione di risposta ha intrapreso. L’Emsa ha registrato tassi di risposta e controlli in loco molto bassi: nel 2020 ha ricevuto feedback solo per un terzo delle segnalazioni effettuate. «Scarichi illegali di petrolio e altre sostanze inquinanti si verificano, ma il numero di rilevamenti giudiziari, rimane basso», ha dichiarato la direttrice esecutiva dell’Emsa, Maja Markovčić Kostelac. A questo si aggiunge anche che spesso i tassi di risposta sono molto lenti: nel 2019 solo l’1,5% delle fuoriuscite segnalate è stata verificata entro tre ore, e questo riduce la possibilità di individuare i responsabili.

«Gli eventi inquinanti sono più di quelli dichiarati»

Ad aiutare i giornalisti dell’inchiesta di Lighthouse reports c’era SkyTruth, un team esperto di programmazione informatica, telerilevamento e sistemi informativi geografici, che ha permesso di registrare tramite immagini satellitari le fuoriuscite di petrolio e altre sostanze inquinanti dalle navi mercantili in transito. L’Emsa ha dichiarato che i suoi Stati membri hanno indagato sul 30% delle presunte chiazze di petrolio rilevate da CleanSeaNet e ne hanno registrate in tutto 32. Mentre SkyTruth stima che il numero di eventi inquinanti nelle acque europee si aggira attorno a 3.000. Il team di esperti ha sottolineato che uno dei motivi è che «gran parte dei satelliti utilizzati per fornire dati nel settore pubblico hanno ancora il funzionamento simile più a una fotocamera che a una videocamera: vengono catturate delle istantanee nel tempo, ma non registrano continuamente ciò che accade. Ciò crea un grande divario nella quantità di tempo in cui una parte di oceano viene monitorata, nel frattempo la chiazza inquinante può dissiparsi, biodegradarsi, essere spinta altrove dal vento e dalle correnti oceaniche o passare inosservato».

Lo scarico illegale di sostanze inquinanti sta causando ingenti danni all’ecosistema marino, ma la gestione del loro rilevamento e le conseguenti sanzioni sono ancora un sistema poco funzionale a impedire queste pratiche. Come ha sottolineato il presidente di SkyTruth, John Amos, resta «un problema invisibile al pubblico».

Leggi anche: