Canone Rai, addio bolletta: verso l’ipotesi di pagare con il 730. Torna l’incubo evasori

Dal 2023 l’imposta tv non sarà più accorpata al conto dell’elettricità. Il governo Draghi dovrà deciderà la modalità di riscossione migliore. Tra le opzioni sul tavolo anche quella di eliminarlo del tutto

Il governo Draghi è a lavoro per decidere la modalità che a partire dal 2023 regolerà il pagamento del canone Rai. Lo chiede l’Unione europea: alleggerire la bolletta elettrica dall’imposta televisiva, considerata un’intrusa. E il governo italiano sembra aver ricevuto il messaggio. Tre giorni fa è stato accolto l’ordine del giorno al decreto Energia presentato dalla deputata ex M5S e ora nel gruppo Misto Maria Laura Paxia con la proposta di separare la bolletta della luce dal canone televisivo. Via a un nuovo regolamento quindi dal 2023. Fino a quel momento l’esecutivo dovrà scegliere la modalità più efficace per ottenere dai cittadini il pagamento dell’imposta tv.


Le modalità di pagamento

Buttando l’occhio anche alle modalità attive nei Paesi esteri, attualmente esistono quattro metodi di pagamento su cui il governo Draghi potrebbe orientarsi. Tra le soluzioni quella di trasformare il canone Rai in una tassa sulla casa, così come succede dal 2005 in Francia dove l’imposta tv viene pagata come voce aggiuntiva sulla prima abitazione, con un importo di 138 euro. Altra strada è quella che considera il canone come tassa aggiuntiva a quella sull’auto, utilizzata da Israele. Regno Unito e Svizzera invece affidano la riscossione dell’imposta a società di recupero crediti. E infine l’alternativa che eviterebbe (quasi) ogni problema e cioè quella di eliminare del tutto il canone tv. Strada scelta da diversi Paesi tra i quali Spagna, Belgio, Russia, Ungheria, Norvegia.


Il pericolo evasione e l’ipotesi 730

La decisione sulla nuova modalità di pagamento del canone Rai sarà fondamentale per rifuggire dal pericolo evasione. Prima dell’accorpamento dell’imposta tv nella bolletta elettrica, il governo si era limitato a una campagna di persuasione rivolto alle famiglie italiane. Il bilancio disastroso dell’anno 2014 decretò la totale inefficacia del metodo: i cittadini pregati gentilmente di pagare evasero l’imposta con una percentuale del 27%. Tra il 2011 e il 2014 l’evasione ha tolto 500 milioni di entrate annue alla tv di Stato. L’unica cosa certa per il governo Draghi dunque è che la modalità di pagamento da dover scegliere non potrà ripercorrere la strada del vecchio sistema. Sulla scia dell’ipotesi francese, e cioè quella della tassa aggiuntiva sulla prima casa, il modello più probabile scelto in Italia potrebbe essere quello del canone nel 730. L’imposta tv diventerebbe cioè una voce aggiuntiva del modello per la dichiarazione dei redditi dedicato ai lavoratori dipendenti e pensionati.

L’addio al canone, un’ipotesi reale?

Tra le varie possibilità c’è anche quella di eliminare definitivamente il canone Rai. Spagna, Belgio, Turchia, Svezia, Norvegia, Finlandia hanno scelto già da anni di eliminare l’imposta televisiva. In questi Paesi è lo Stato a decidere quanti soldi sono necessari alle reti pubbliche e ad assegnarglieli direttamente. Il denaro arriva comunque da famiglie e imprese pagando però le tasse generali dell’anno, senza la percezione quindi di una voce specifica. In Italia l’assegno statale che il governo dovrebbe alla Rai dal 2019 si attesterebbe attorno ai 1630 milioni. In questo modo viale Mazzini potrebbe ovviare a un altro grosso problema legato al finanziamento pubblico: quello del canone speciale. E cioè quell’imposta a cui sono chiamati gli uffici pubblici, le aziende, i ristoranti, gli hotel e che attualmente è ancora soggetta a non poca evasione. Nel primo anno di pandemia il canone speciale ha portato la Rai a raccogliere 61 milioni. Nel 2019 erano stati 85,1.

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