Consip, l’ex ad in aula contro tutti: «Luca Lotti mi disse di stare attento alle intercettazioni. Le pressioni di Tiziano Renzi»

In aula Luigi Marroni punta il dito contro l’ex ministro: «Mi ha raccomandato aziende fino all’ultimo. Mi disse di aiutare Verdini perché teneva su il governo»

Non ha cambiato linea, Luigi Marroni ex amministratore delegato di Consip, l’azienda unica degli appalti pubblici dalle cui vicende è nata l’inchiesta penale nei confronti di Luca Lotti per violazione del segreto istruttorio e di Tiziano Renzi per traffico di influenze. Nel corso del processo che si sta svolgendo a Roma, interrogato dal pm Mario Palazzi, Marroni – fin dal principio il grande accusatore dell’indagine – ha ribadito le dichiarazioni che aveva fatto durante gli interrogatori, prima a Napoli e quindi a Roma. Condendole di alcuni particolari, soprattutto per quanto riguarda l’ex ministro Luca Lotti, renziano di ferro all’epoca dei fatti.


Foto Ansa/Massimo Percossi | Luigi Marroni fermato dai cronisti all’ingresso dell’Anac nel giugno 2017

Le richieste di Tiziano Renzi

A proposito del padre dell’ex presidente del Consiglio, Marroni ha spiegato soprattutto che il suo ruolo fu determinante nell’accreditare un giovane imprenditore toscano, Carlo Russo, poi divenuto una figura centrale dell’inchiesta ora a processo. Siamo nel 2016 e Matteo Renzi è ancora presidente del consiglio. Marroni, un passato da assessore alla Sanità in Toscana, è l’uomo più potente della grande centrale degli appalti pubblici, Consip appunto. Nel settembre 2016 nel suo ufficio si fa vivo un giovane imprenditore, Carlo Russo: «La mia segretaria disse che l’aveva accreditato Lotti e che per questo aveva il mio cellulare. Lotti non me lo disse mai direttamente, però». Dopo i primi incontri, piuttosto “generici”, Marroni incontra Tiziano Renzi e le cose cambiano: «Tiziano mi disse di ricevere questo imprenditore e che era un bravo ragazzo. Io gli dissi di sì, non ricordavo di averlo già visto».


Quando Russo si presenta nuovamente però, il tono è molto diverso: «Mi disse che dovevo mettermi a disposizione delle richieste sue e di Denis Verdini. E che se non avessi fatto quello che mi chiedevano rischiavo di perdere il ruolo che avevo ottenuto grazie al fatto che Matteo Renzi era premier. Ero abbastanza frustrato perché mi sentivo messo sotto pressione dall’ultimo arrivato». Le minacce, aggiunge Marroni, si rivelarono realistiche: «Non ho dato seguito alle richieste che mi hanno fatto e a giugno 2017 sono stato fatto fuori da tutto. Dopo l’addio a Consip ho avuto difficoltà a lavorare, mi hanno fatto terra bruciata».

La rivelazione dell’indagine

Il clima nei suoi confronti, aggiunge Marroni, era già cominciato a cambiare nell’estate del 2016. «Luca Lotti mi disse che c’era un’inchiesta che riguardava i rapporti tra Consip e l’imprenditore Alfredo Romeo e che la seguiva la procura di Napoli», ma , aggiunge, «notizie analoghe mi erano già arrivate anche da altre fonti». Il primo a dirgli dell’esistenza di una inchiesta sarebbe stato Filippo Vannoni, ex presidente di Publiacqua Firenze e manager a lui vicino. Poi il generale della Guardia di finanza Emanuele Saltalamacchia, imputato nel processo. Ad agosto, sarebbe stata la volta della chiacchierata con Luca Lotti: «Lo incontrai il 3 agosto 2016. Alla fine della riunione, mentre ci spostavamo verso palazzo Chigi attraversando la galleria Alberto Sordi, mi disse di stare attento e agitò il telefonino», ha raccontato Marroni.

Ulteriore conferma sarebbe arrivata dal presidente di Consip, Luigi Ferrara: “Mi confermò la cosa e mi disse che aveva ricevuto conferma anche dal generale Tullio Del Sette (Del Sette è stato già condannato a 10 mesi per questi fatti ndr)”. I rapporti con Alfredo Romeo, dice comunque Marroni, erano stati sempre solo formali: «Lo incontrai e mi invitò ad un convegno presieduto dall’allora capo di Anac, Raffaele Cantone, ma preferii non andare. Per averlo escluso dalle gare Consip mi ha fatto causa per un miliardo di euro».

Le “tensioni” con Lotti

È forse a proposito di Luca Lotti che Marroni è particolarmente esplicito. «Quando ho spiegato ai pm delle informazioni che mi aveva dato circa le indagini in corso, so che ha risposto che ero animato da malanimo nei suoi confronti. Eppure, fino al giorno prima della decisione di farmi fuori da Consip nessuno ha mai avuto nulla da ridire sul mio comportamento». A gennaio 2016, ad esempio, Lotti sarebbe stato molto esplicito nel raccomandargli di «essere gentile» con Denis Verdini «che ci tiene su il governo». Quindi, a stretto giro gli avrebbe chiesto di incontrare un altro imprenditore e di favorire un’azienda toscana: «Cosa che non feci. Assunsi invece un ex deputato del Pdl che mi aveva segnalato, si rivelò utile perché poteva entrare e uscire dal parlamento a piacimento».

Dopo la notizia degli interrogatori fatti, ormai nel 2017, il clima nei suoi confronti cambiò ancora: «Non mi hanno mai detto che dovevo dimettermi. Forse il più esplicito è stato Denis Verdini. Mi disse: “Luigi se attenui forse possiamo gestire la cosa” ma alla mia domanda di spiegarsi meglio fu molto generico». Dopo la nuova convocazione in procura, del giugno 2017, nel corso della quale Marroni ribadisce le accuse sia su Tiziano Renzi sia su Luca Lotti, il cda di Consip si dimette in blocco, costringendolo alle dimissioni.

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