Covid, allarme dell’Ecdc sulle sottovarianti Omicron. Pregliasco: «Rischiamo 200 mila contagi al giorno» – L’intervista

Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie ha classificato BA.4 e BA.5 come «mutazioni di cui preoccuparsi». Il virologo: «L’emergenza in Portogallo presto riguarderà altri Paesi»

Con l’ultima dichiarazione l’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, entra a gamba tesa in uno dei dibattiti più accesi delle ultime settimane riguardo al Covid-19 e alle sue varianti. La comunità scientifica italiana continua a dividersi tra alcuni esperti che sostengono il pericolo di una prossima ondata autunnale e altri che invece rassicurano sul fatto che «il virus non ci prenderà più di sorpresa». Ma dall’agenzia europea ora arriva un’allerta categorica. Le sottovarianti di Omicron BA.4 e BA.5 sono state ufficialmente classificate dall’ente come «mutazioni di cui preoccuparsi», capaci di «eludere la protezione immunitaria indotta da una precedente infezione e/o vaccinazione» e responsabili di un’ondata di contagi che nei prossimi mesi colpirà tutti i Paesi europei.


L’esempio portato dal Centro per la prevenzione e controllo delle malattie è quello del Portogallo. «C’è una tendenza all’aumento delle proporzioni delle varianti per BA.5 nelle ultime settimane, accompagnata da un aumento del numero di casi Covid e del tasso di positività ai test». L’8 maggio in Portogallo la variante BA.5 rappresentava già il 37% dei casi positivi. Una stima di crescita per la sottovariante del 13% superiore a quella di Omicron 2. «Questo vuol dire che la BA.5 diventerà la variante dominante in Portogallo entro il 22 maggio 2022», calcolano le autorità portoghesi. A spiegare quale reale pericolo tutto questo potrebbe rappresentare per l’Italia è il professor Fabrizio Pregliasco, da diverse settimane, e ancora prima della nota ufficiale dell’Ecdc, sostenitore di una politica della prudenza in vista di una nuova ondata certa.


Professore, l’ente europeo ha posto un riferimento importante nella diatriba di chi nega il forte aumento di contagi per i prossimi mesi e chi invece avverte del pericolo.

«Quando parlavo di nuova ondata non lo facevo in qualità di mago ma di scienziato che aveva già considerato alcuni elementi forniti dalla stessa Ecdc. Abbiamo capito che il virus è molto instabile e questa sua caratteristica gli permette di continuare a diffondersi. Oggi lo vediamo anche per quanto riguarda i guariti: non hanno un’immunità per la vita e i dati dell’Iss registrano il 5,8% di reinfezione. Con una tendenza tra l’altro in crescita. Il virus cambia forma e l’avvertimento dell’Ecdc sulle sottovarianti non può essere trascurato».

Prima di parlare delle sottovarianti 4 e 5, ribadiamo subito un punto importante: il fatto che il virus contagi ancora e muti testimonia una inefficacia dei vaccini?

«No. E a tutti coloro che provano ancora a far polemica sulla durata dell’efficacia del vaccino dico che stanno perdendo tempo. Quello della temporaneità è un aspetto assolutamente normale e proprio dei vaccini in quanto tali. C’è una proporzionalità tra la capacità di guarigione e la capacità della vaccinazione: per mantenere questa possibile convivenza con il virus sarà quindi necessario andare avanti con richiami vaccinali e con prodotti magari ambivalenti, in grado di proteggere dall’originale virus di Wuhan più Omicron».

In Portogallo l’8 maggio la variante 5 era diffusa al 37%. L’aumento di contagi giornalieri nell’ultimo mese è arrivato alla quota più alta di 34mila. Una cifra che l’Italia già raggiunge attualmente di media. Cosa succederà qui da noi se le due varianti dovessero in poco tempo risultare dominanti?

«Siamo in una fase di transizione tra la pandemia e l’endemia. L’endemia non vuol dire essere al sicuro. Vuol dire presenza costante del virus con andamenti ciclici facilitati da situazioni sociali o dall’andamento meteorologico. Le varianti 4 e 5 al momento in Italia non sono dominanti. Ma già attualmente è possibile immaginare una quota di contagi che non andremo mai a contare, perché in questo momento molte persone non si fanno neanche notificare. Il dato attuale è sottostimato e già vede sacrificati almeno 2, 2 volte e mezzo i valori reali di infezione».

Al di là della sottostima e in proporzione con i dati registrati in Portogallo, quanti contagi potremmo avere in Italia con la nuova ondata?

«Considerando i 10 milioni di abitanti in Portogallo e facendo una proporzione con i nostri 60 milioni, arriveremo a contare fino a 200mila contagi al giorno. La pandemia non va avanti in modo uniforme in tutto il mondo, il Portogallo è solo un anticipatore di quello che succederà nel resto dei Paesi quantomeno europei. Molto poi dipenderà da due aspetti verificabili sul campo: la libertà di comportamento ormai diffusa, che facilita non poco la diffusione del virus, e le condizioni ambientali estive. Queste ultime potrebbero mitigare la situazione permettendoci una stagione calda relativamente tranquilla, ma a settembre saremmo comunque nei guai».

C’è anche quindi la possibilità che l’ondata prevista in autunno possa anticipare i suoi tempi?

«Se le condizioni climatiche non dovessero assisterci direi proprio di sì».

E allora la soluzione è tornare a proteggersi in modo più severo già da subito?

«In questo momento temo che sia più facile a dirsi che a farsi. La percezione generale della cittadinanza va verso il senso di libertà da regole e limiti. Si è costretti per molti versi a fare regolazioni che tengano conto della situazione, come sempre una mediazione tra bisogno sanitario, sociale ed economico».

Si finirà di nuovo a rincorrere il virus?

«Purtroppo sì».

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