Mosca, gli incendi nel centro aerospaziale Zhukovsky e in un impianto chimico – Il video

Secondo le fonti russe il fuoco è stato spento e non si registrano vittime. I russi non escludono che i roghi possano essere riconducibili alla cyberguerra di Kiev

In una sottostazione di trasformazione nei locali dell’Istituto centrale di aeroidrodinamica Zhukovsky, nella regione di Mosca, si sono sviluppate fiamme, come ha riferito una fonte all’agenzia russa Interfax. Quello di Zhukovsky è il centro più importante nel settore aereospaziale russo. «Una sottostazione di trasformazione è in fiamme nell’area di 30 chilometri quadrati al numero 1 di via Zhukovsky», ha dichiarato la fonte secondo cui l’incendio è stato poi spento e non ci sarebbero vittime. Tra gli sviluppi del TsAGI ci sono la partecipazione ai progetti del razzo Energia e dello Space Shuttle Buran. Quello di oggi, comunque, non è il primo incendio che si verifica nella Federazione russa da quando è cominciata la guerra in Ucraina. Ad esempio, il 21 aprile scorso alcune fiamme si sono sviluppate a Tver, 150 chilometri a nord-ovest di Mosca, nell’Istituto centrale di ricerca delle forze di difesa aerospaziali della città, considerata la Cape Canaveral russa, che si occupa anche dei sistemi di lancio e difesa missilistica.


Un altro rogo è stato registrato, invece, nel più grande impianto chimico di solventi russo nella città di Kineshma, a 400 kilometri dalla capitale. Il primo maggio incendio nello stabilimento di Perm, negli Urali centrali, dove si produce la polvere da sparo per armamenti compresi i sistemi lanciamissili Grad e Smerch. Il 3 maggio, invece, è toccato a un magazzino di 33.800 metri quadrati che, secondo i media, sarebbe stato un deposito della casa editrice pro-Cremlino Prosveshchenie. Il 4 maggio è stata la volta della zona industriale di Nizhni Novgorod, a est di Mosca, dove sono stati bruciati 2 mila metri quadrati di un deposito di solventi. Fonti vicine al Cremlino non escludono che gli incendi in strutture sensibili per la Russia potrebbero essere in qualche modo riconducibili alla cyberguerra di Kiev.


Foto e video da NEXTA/TWITTER

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