Gattuso: «Non sono razzista né sessista, le accuse sui social network mi fanno soffrire»

Il nuovo allenatore del Valencia: «Il patibolo tecnologico si abbatte e definisce sentenze senza possibilità di appello»

Gennaro Gattuso non si sente razzista. E in un’intervista rilasciata oggi a Walter Veltroni e pubblicata sul Corriere della Sera risponde alle accuse che girano dall’anno scorso, quando i tifosi del Tottenham fecero partire un boicottaggio virtuale che gli costò la panchina degli Spurs. «Sono molto diverso da come vengo descritto da dodici mesi a questa parte. Si prendono dichiarazioni di anni diversi, le si isola dal contesto e si imbastiscono processi con l’obiettivo di delegittimare una persona, una vita. I tribunali sono cose serie: qualcuno accusa, qualcuno difende, qualcuno giudica. Qui il patibolo tecnologico si abbatte e definisce sentenze senza possibilità di appello», dice oggi.


Le accuse e la difesa

A Gattuso viene rimproverata una frase del 2008, quando disse che per lui, cattolico, il matrimonio è tra uomo e donna. «Ma poi aggiunsi che per me ognuno è libero di fare come vuole. Ed è proprio quello che penso. Ogni libertà, compresa quella dei comportamenti sessuali, è benvenuta, è segno di progresso». Poi si ricordano le frasi su Barbara Berlusconi e le donne incapaci di gestire il calcio: «In ogni campo le donne fanno come e meglio degli uomini. Lo stanno dimostrando nei governi, nelle aziende, in ogni settore. Più donne avranno responsabilità e meglio sarà. Le aggiungo una cosa, che può spiegare il mio stato d’animo quel giorno: io considero Galliani come la persona migliore che ho incontrato nel calcio. Sapeva dire sempre la cosa giusta nel momento giusto. E non ti faceva mai sentire solo. Quando ho capito che il suo ciclo al Milan stava finendo ho sofferto, molto».


Il razzismo

Infine, l’accusa di razzismo. Nel 2013 durante un’amichevole tra Milan e Pro Patria i tifosi cominciano a indirizzare ululati razzisti nei confronti dei calciatori di colore avversari. All’epoca Kevin-Prince Boateng concluse la partita lanciando il pallone in curva e abbandonando il campo. La partita venne sospesa. Il giorno dopo Gattuso si presentò in conferenza stampa per “assolvere” i tifosi: «Per me non è razzismo e alla fine è venuto fuori che erano quattro ragazzi che si divertivano a fare i buu». Ancora oggi i tifosi del Valencia, la nuova squadra dell’ex Milan, lo criticano per questo: «È un allenatore razzista, omofobo, maschilista e sessista».

Lui risponde così: «Nasco in un paese di pescatori, Corigliano Calabro. I miei erano falegnami. Io ho lasciato casa a dodici anni per fare quello che mi piaceva e che sentivo di saper fare: giocare al calcio. Sono andato a Perugia, da solo. Ho patito tanto, ma in silenzio. Ero piccolo però sapevo che la scelta era quella giusta. Mio padre ha avuto grande coraggio e tanta fiducia in me. Per questo l’ ho sempre amato tanto. Mia madre ha pianto molto e mi dispiaceva. Ho vestito più di settanta volte la maglia della nazionale. Ogni volta che sentivo l’inno di Mameli, anche prima della finale di Berlino, pensavo a quando lei mi urlava di tornare a casa perché stavo, bambino, a giocare sulla spiaggia per otto o dieci ore. Mio padre è andato a lavorare in Germania per un anno e mezzo. Un quarto della mia famiglia è sparso nel mondo, tutti sono andati a cercare quella fortuna che la Calabria non gli aveva concesso. Come diavolo potrei essere razzista?».

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