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Il governo prova a blindare i cantieri del Pnrr, la norma-avviso per i Tar perché le sentenze arrivino presto

07 Luglio 2022 - 22:27 Antonio Di Noto
La decisione arriva dopo che il 2 luglio, il Tar Puglia ha bloccato la prima opera finanziata dal Recovery Plan: il nodo ferroviario di Bari che dovrebbe ridurre i tempi di percorrenza sulla dorsale adriatica

Il Tar faccia il suo lavoro, ma che sia rapido, altrimenti i fondi non saranno più spendibili. Non un vero e proprio avvertimento, ma un punto fermo quello che il governo ha mandato ai giudici amministrativi con la norma approvata oggi dal Consiglio dei Ministri che invita i Tar al rispetto di tempi quanto più brevi possibile quando valutano la fattibilità delle opere finanziate dal Recovery Plan. È fondamentale «evitare blocchi processuali, i meccanismi di tutela giurisdizionale vanno garantiti» aveva spiegato il sottosegretario al Consiglio Roberto Garofoli a inizio giugno. La norma non deve andare a discapito dell’attività del tribunale regionale, e dovrà essere dimostrato che le opere a giudizio sono effettivamente utili al raggiungimento degli obiettivi preposti dal piano da 222 miliardi di euro, spiega l’Ansa. Vengono disposte misure che incidono sull’accelerazione di ogni fase delle opere: approvazione e realizzazione, ma anche espropri ed occupazioni. Tuttavia, i fondi che arrivano dall’Ue sono ingenti, e il governo non pare intenzionato a perderli.

ll caso del nodo ferroviario di Bari: la prima opera Pnrr bloccata dal Tar

La decisione del governo arriva dopo che, lo scorso 2 luglio, la terza sezione del Tar di Puglia ha bloccato per sei mesi una sezione del Nodo Ferroviario di Bari, che dovrebbe accorciare i tempi di percorrenza della linea adriatica. Il costo totale dell’opera è di 406 milioni di euro, di questi, 205 arriverebbero dal Pnrr. Il progetto è stato sospeso perché un tratto della ferrovia dovrebbe essere costruito dove ora sorgono degli alberi secolari, oltre a un parco archeologico, spiega Il Giornale. La decisione del Tar, tuttavia, è in contrasto con quella della Regione Puglia, basata anche sul parere della Soprintendenza archeologica, che aveva invece dato il via libera al processo.

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