«Ci stanno i bravi e ci stanno quelli non bravi, le merde». Nelle ultime ore sono emerse le intercettazioni dei fratelli Bianchi quando sono arrivati al carcere di Rebibbia, dopo la morte di Willy Monteiro Duarte, per cui il 4 luglio sono stati condannati all’ergastolo. Era il settembre 2020 e quando sono entrati nel penitenziario l’accoglienza degli altri detenuti è stata violenta. «Il discorso è che devi sta attento, perché pure se tu stai a dormì. Perché ti zeccagnano», dice Gabriele Bianchi al fratello Marco. Quel «zeccagnano» vuol dire in gergo «ti accoltellano», un rischio che Marco ha corso davvero, visto che all’inizio della sua permanenza a Rebibbia è stato spostato diverse volte dalla sua cella. Nonostante le minacce iniziale, attraverso alleanze a violenze, Marco Bianchi avrebbe comunque trovato altri detenuti pronti a difenderlo.
Sempre i carabinieri hanno riportato nelle intercettazioni il racconto di uno scontro con un detenuto. Marco Bianchi in una conversazione «mima a gesti di aver preso una persona, di averla avvicinata a sé e di avergli dato una testata e dei pugni». Il detenuto picchiato non avrebbe rivelato nulla: «Tranquillo, non ha detto niente». Nel documenti dei carabinieri si legge anche lo sfogo del terzo fratello Alessandro, non coinvolto nelle indagini per la morte di Willy. L’uomo è proprietario di un locale che, dalle sue parole, avrebbe visto il fatturato crollare dopo l’omicidio di Willy: «I tengo i soldi, li faccio i soldi, però invece de fa come prima 1.800, mo so due-trecento, capito?».
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