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M5s, rivolta via Zoom: «Traditori, attenti agli sputi». E Di Maio tesse la tela per il 20 luglio

giuseppe conte luigi di maio scissione m5s insulti zoom
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I numeri della scissione: 60 eletti con Conte, venti pronti a lasciare. Una decina ancora indecisi

L’adunata via Zoom del Movimento 5 Stelle è un’assemblea permanente. Tanto permanente che c’è chi si collega dalla spiaggia e si mostra in costume da bagno. Forse perché le acque sono così agitate dai 15 (o 40?) eletti pronti a sostenere un governo Draghi bis. I numeri della scissione del M5s: 60 parlamentari starebbero ancora con Giuseppe Conte. Una ventina è pronta allo strappo. Dieci sono ancora in mezzo al guado. Ma intanto Luigi Di Maio tesse la tela di una nuova scissione. I nuovi transfughi, è questo il programma, voterebbero la fiducia al posto di chi resta nel M5s. Che rischia di trasformarsi in una bad company. Ovvero un guscio vuoto da portare all’opposizione il prima possibile. Secondo la linea Conte? Più che altro, secondo la linea Di Battista.

Un’assemblea permanente

A raccontare cosa è successo nell’assemblea permanente dei M5s è oggi un retroscena di Repubblica. Che spiega come la convocazione di oggi potrebbe servire a trovare il punto di caduta da sottoporre all’attenzione di Draghi. Cosa prevede? Un documento che garantisca l’appoggio esterno al governo (con la conseguenza delle dimissioni dei ministri grillini). Con la fiducia da votare mercoledì 20 luglio. Fermando la divisione del partito in pro e contro Draghi. Solo il sospetto di nuovo addio, fa sapere il quotidiano, scalda gli animi dei contiani: «Se lo specchio non può sputarvi, allora forse potrebbe iniziare a farlo qualcuno di noi…», avrebbe detto una deputata. Mentre un eletto se l’è presa con i «traditori» che vorrebbero «indebolire il M5s e Conte solo per tutelare i posti di potere e le poltrone».

Ma se da una parte ci sono le minacce, la capogruppo dei senatori M5s Mariolina Castellone in un’intervista a La Stampa sembra aprire al premier. «Stiamo facendo un percorso partecipato. Se uno non si riconosce più in un progetto è bene che faccia scelte diverse. Più che il numero, serve la compattezza. Abbiamo messo in conto che qualcuno possa abbandonare», dice. Per Castellone la continuazione del governo «non dipende da noi ma da Draghi, che deve decidere se revocare le dimissioni o confermarle. Ci sarebbero addii in ogni caso probabilmente. Il problema è Luigi Di Maio, che invece di fare il ministro si impegna a ingrossare le file del suo partito. Sono frequenti i suoi contatti e tentativi di avvicinamento ai nostri parlamentari».

Intanto, Di Maio…

Nel frattempo Di Maio lavora a una scissione bis. 30 o 40 parlamentari fuori da un M5s ridotto all’osso. Ma per avere successo l’operazione ha poco tempo per andare in scena. Restano solo 48 ore, visto che Draghi parlerà mercoledì 20 luglio e per l’arrivo del premier in Senato tutto dovrà essere già deciso. Gli occhi sono puntati su Davide Crippa. Il capogruppo alla Camera è stato accusato di aver organizzato una riunione degli eletti all’insaputa di Conte. Un suo addio insieme a quello di tutto il direttivo della Camera potrebbe fare abbastanza rumore e convincere Draghi. Sullo sfondo, spiega l’agenzia di stampa AdnKronos, c’è anche il lavoro del Partito Democratico.

Nei gruppi parlamentari si racconta di un lavorio instancabile sui 5 stelle. Tra chi si muove per tenerli dentro e chi per convincere almeno la truppa governista a prendere le distanze dai falchi pronti ad uscire dal governo. «Non hanno ancora deciso ma tra loro ormai è guerra aperta, un Vietnam», racconta un deputato dem. Un senatore la mette così: «Il quadro che si va componendo è questo: nuova spaccatura del M5S, una minoranza si esprimerà per Draghi – soprattutto deputati ed il ministro D’Inca– e il resto con Conte verso l’appoggio esterno che diventerebbe nel giro di pochi giorni opposizione». Basterà per convincere Draghi?

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