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Decreto Aiuti Bis: quanti soldi arrivano dal taglio del cuneo fiscale in busta paga e dalla rivalutazione delle pensioni

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Una simulazione di calcolo della decontribuzione anticipata dai sindacati svela le cifre che entreranno nelle tasche di lavoratori e pensionati da luglio a dicembre

Il governo Draghi ha approvato il Decreto Aiuti Bis. Aumentando alla fine le risorse per il taglio del cuneo fiscale che i sindacati avevano definito «un’elemosina». E confermando l’anticipo della rivalutazione delle pensioni. Nel nuovo decreto sono presenti anche altre norme, a partire dal bonus 200 euro ai precari per arrivare alla conferma del taglio delle accise sulla benzina. Il ministro dell’Economia Daniele Franco ha spiegato che il computo totale delle risorse è ripartito in 5,8 miliardi per le famiglie e 5,5 miliardi per le imprese. Ora il provvedimento è atteso in Gazzetta Ufficiale già nel fine settimana, poi a settembre approderà in Parlamento. I partiti si sono impegnati a non presentare emendamenti per garantire una conversione veloce e tenere i nuovi aiuti al riparo dalla campagna elettorale. Ma quanto valgono il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori e la rivalutazione delle pensioni?

Lavoro e pensioni, gli aumenti

In primo luogo il taglio del cuneo fiscale ha ricevuto un incremento dall’1 all’1,2% a partire da questo mese. Il provvedimento è finanziato fino a dicembre. E quindi, secondo il decreto, per i periodi di paga dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022, compresa la tredicesima o i relativi ratei erogati nei predetti periodi di paga, l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico dei lavoratori dipendenti è incrementato di 1,2 punti percentuali. In totale la sforbiciata sale al 2%. Per quanto riguarda le pensioni il conguaglio per il calcolo della perequazione dell’assegno per il 2021 viene invece anticipato al 1° ottobre 2022. Inoltre, la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per il 2022 è anticipata, per una quota pari a due punti percentuali, con decorrenza dal 1° ottobre 2022, con riconoscimento anche sulla tredicesima mensilità. In sede di rivalutazione delle pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2023 la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2022 è applicata in misura corrispondentemente ridotta di due punti percentuali. Quali gli effetti concreti sui portafogli?

La simulazione della Uil

Il sindacato Uil ha fatto circolare ieri una simulazione di calcolo del taglio del cuneo fiscale e della rivalutazione delle pensioni. È importante sottolineare che la base di calcolo per la decontribuzione è l’1% e non l’1,2% perché fino a ieri mattina il governo aveva presentato questa percentuale. Quindi è lecito attendersi qualcosa in più rispetto alle cifre di partenza. Ciò detto, secondo il sindacato con la decontribuzione dell’1% per redditi sino a 35 mila euro lordi il «guadagno» per i lavoratori dipendenti va da un minimo di 36,92 ad un massimo di 161,52 euro in sei mesi. A seconda dei redditi, spiega la Uil, il taglio aggiungerebbe da 1 a 6 euro in più al mese.

E, spiega oggi La Stampa, l’effetto sulle buste paga dei lavoratori sarebbe modesto. In particolare per quelli con lavori discontinui o retribuzioni più basse. Con un reddito annuo lordo pari a 8 mila euro il beneficio complessivo del taglio dell’1% sarebbe di 36,92 euro lordi da luglio a dicembre. Ovvero sei euro lordi al mese. Invece nella fascia di reddito da 20.111 annui dei lavoratori dipendenti del settore privato il beneficio da luglio a dicembre sarebbe invece complessivamente di 92,82 euro lordi. Ovvero 15,47 euro lordi al mese. A quota 30 mila euro di reddito si avrebbero 23,08 euro in più al mese e 138,46 euro nel semestre, mentre a 35 arriva a 26,92 in un mese e a 161,5 in sei. Questi numeri andrebbero aumentati del 20% (circa) visto l’incremento del taglio del cuneo.

La rivalutazione

La rivalutazione delle pensioni pari al 2% (anche in questo caso con il tetto a 35 mila euro) determinerebbe un incremento di 19 euro lordi al mese per una pensione Inps che ammonta a 952 euro. Per una pensione di 524 euro (ovvero la minima) l’aumento sarebbe di dieci euro. Le pensioni due volte la minima, ovvero che ammontano a 1.049 euro, l’aumento arriverebbe a una ventina di euro (sempre mensili). Per una pensione tre volte la minima si ottengono 31,46 euro, a quattro volte la minima si arriva a 41,95 euro e a cinque volte la minima si sfonda la soglia dei 50 euro (sempre mensili). A questi importi andrebbe poi aggiunto il conguaglio dell’inflazione riconosciuta per quest’anno. Che è pari a un altro 0,2%. Questo ulteriore ritocco porta un euro in più al mese nelle tasche dei pensionati.

«Una vergogna»

Il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri va all’attacco oggi in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano. «Quei fondi sono irrilevanti , un’elemosina. Chi guadagna 8 o 10 mila euro l’anno riceverà 6 o 7 euro lordi al mese. Lo stesso per i pensionati. Ci era sembrato di essere arrivati a un punto importante con l’anticipo della rivalutazione. E poi scopriamo che ogni 500 euro riceveranno 10 euro lordi per un intervento da 3 mesi. È veramente una vergogna», esordisce. Per il sindacalista «è anche vero che, su 14,3 miliardi del decreto, a dipendenti e pensionati vengono destinati 2,7 miliardi. È normale che in un momento come questo si faccia un intervento sui fringe benefit (una norma porta a 600 euro la somma per il welfare contrattuale esentasse, nda)? Sembra che la politica viva in una dimensione surreale. C’è necessità di intervenire prima della manovra, lavoratori e pensionati non possono rispondere a inflazione e aumento di energia. Se in questo Paese non sosteniamo i consumi, le aziende si fermano perché la gente non spende».

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