Calenda e il nodo del simbolo. Cosa fare per non cominciare una raccolta firme all’ultimo momento?

Se +Europa dovesse decidere di confermare l’accordo con il Pd, Azione si ritroverebbe senza simbolo e dovrebbe procedere alla raccolta delle firme necessarie per presentarsi alle elezioni, a meno che il leader di Azione non si allei con Italia Viva

Dopo lo strappo di Carlo Calenda con il Partito Democratico e l’addio alla maxi-coalizione di centrosinistra, per il leader di Azione si aprono due strade in vista delle elezioni del 25 settembre. Già perché se la direzione di +Europa, convocata nelle prossime 24 ore, dovesse confermare l’alleanza con i dem e, di conseguenza, di rompere il sodalizio con Azione, Calenda si ritroverebbe senza il simbolo di +Europa, indispensabile per evitare la raccolta firme per candidarsi alle elezioni. Senza il simbolo di Emma Bonino (che a sua volta, nel 2018, venne messo a disposizione da Bruno Tabacci), Azione dovrebbe raccogliere 36.750 firme per la Camera e 19.500 per il Senato, 750 per ogni collegio. Il rischio di non presentarsi in tutti i collegi potrebbe comportare il mancato superamento della soglia di sbarramento del 3 per cento. Un’operazione non facile, anche perché le firme devono essere raccolte su liste già compilate e autenticate.


L’altra via che potrebbe seguire Azione è quella di allearsi con Italia Viva di Matteo Renzi. Durante l’intervista con Lucia Annunziata, Calenda ha aperto a un confronto con Renzi: «Sentiremo cos’ha da dire. Sicuramente faremo scelte idealiste», sottolineando però che «negli ultimi due giorni ho ricevuto dai renziani contumelie, qualsiasi scelta non coincida con quella di Renzi per loro è una scelta da traditore della patria». Insomma, la situazione anche tra Azione e Italia Viva non è delle più serene. Ma alleandosi con Renzi, il partito di Calenda potrebbe risparmiarsi la “trafila” delle firme. Questo perché Italia Viva è esonerata dalla raccolta delle firme perché fa parte dei partiti che hanno costruito almeno un gruppo parlamentare, alla Camera o al Senato, entro il 31 dicembre 2021. Calenda, dal canto suo, non sembra però essere molto preoccupato dalla questione, come dichiarato durante l’intervista a Mezz’ora in più: «Se dovremo raccogliere firme le raccoglieremo, e se non ce la faremo vuol dire che l’offerta era davvero molto debole».


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