Meloni difende la fiamma nel simbolo: «Spiego anche a Segre perché non c’entra col fascismo. Presidenzialismo? Meglio con nuovo governo»

La leader di FdI risponde alle polemiche anche sulla riforma del presidenzialismo, contestata dal Pd: «Con Letta al governo, tutto i dem erano d’accordo con la proposta»

Il gesto di discontinuità col passato invocato da più parti non è arrivato da Giorgia Meloni, che ha confermato la presenza della fiamma tricolore nel simbolo di Fratelli d’Italia per il voto del 25 settembre. Una scelta che la leader di FdI rivendica in un colloquio con il Corriere della Sera, rispondendo anche alla senatrice a vita Liliana Segre, che l’aveva invitata a ripensarci: «Con rispetto e stima per la senatrice Segre: la fiamma nel simbolo di FdI nulla ha a che fare con il fascismo, ma è il riconoscimento del percorso fatto da una destra democratica nella nostra storia repubblicana. Ne andiamo fieri».


La polemica sulle dimissioni di Mattarella

Altra polemica che ha travolto il centrodestra è quella sulla riforma per il Presidenzialismo, soprattutto dopo le dichiarazioni di Silvio Berlusconi a Radio Capital. Meloni ribadisce che quella riforma serve a rendere «più autorevole, forte, stabile e dunque molto più competitiva la Nazione». E proprio sulla bufera che ha scatenato il riferimento di Berlusconi sulle necessarie dimissioni di Sergio Mattarella, una volta approvato il nuovo sistema, Meloni allontana le ricostruzioni che vogliono il centrodestra impegnato in una spartizione di cariche istituzionali: «Noi pensiamo che la cosa più naturale e logica sia che una riforma di questa portata, che cambia l’assetto dei poteri, entri in vigore non a governo in carica, ma nella legislatura successiva. Esattamente come è avvenuto con la riduzione del numero dei parlamentari».


Cosa prevede il semi-presidenzialismo

Il sistema nei piani di FdI prevederebbe un semi-presidenzialismo alla francese, così come ricorda Meloni era anche nelle aspirazioni di Massimo D’Alema ai tempi della Bicamerale negli anni ’90. E poi nel 2013, quando al governo c’era proprio Enrico Letta: «praticamente tutto il Pd convergeva sulla proposta: da Veltroni, a Zanda, a Finocchiaro, a Prodi, a Bersani e perfino Speranza! E oggi Renzi, non un esponente della destra, è favorevole». L’obiettivo di Meloni è ottenere un sistema che dia stabilità al governo per uno «Stato come il nostro, fragile politicamente e quindi instabile». Ci sarebbero anche repubbliche parlamentari stabili in Europa, come la Germania, ricorda Paola Di Caro: «Vero, e aggiungo: anche l’Ungheria di Orbán è una Repubblica parlamentare, grande cortocircuito per la propaganda del Pd. Pd che in Italia è diventato invece un partito-sistema, che governa da 11 anni senza aver vinto le elezioni, al centro di ogni alchimia. Credo sia per questo che sono contro il presidenzialismo: perché per governare a quel punto dovranno vincere. Noi siamo pronti alla sfida. Loro?».

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