Negli scontrini anche i contributi per le bollette, così una pizzeria di Napoli combatte il carovita: «Abbiamo le spalle al muro»

Salvatore Grasso, titolare del ristorante, ha lanciato una provocazione per denunciare i rincari che hanno colpito il settore: «L’ultima bolletta era di oltre 8mila euro»

8.299 euro per l’energia elettrica: è la bolletta che si è visto arrivare Salvatore Grasso, titolare della storica pizzeria Gorizia 1916 di Napoli. «Di fronte a questi costi, noi siamo con le spalle al muro», racconta al Corriere della Sera. Quella che si è abbattuta sul ristoratore è una vera e propria impennata nelle spese legate a gas e elettricità: Grasso sostiene che l’anno scorso aveva pagato un terzo della cifra, «2.500, massimo 2.800 euro». Adesso invece, si ritrova a fronteggiare un «aumento del 300%». Per fronteggiarlo, ha pensato di aggiungere provocatoriamente delle nuove voci al conto dei clienti. Oltre alle bevande, alle pizze e al coperto, infatti, nello scontrino gli avventori hanno trovato una quota aggiuntiva contabilizzata come: «Contributo per gas», «Energia» e «Fitto».


«Non riusciamo più a gestire questa situazione», ha spiegato Grasso. «L’energia che è aumentata per la mia pizzeria e per gli altri miei colleghi, e questo dipende anche dai fornitori che si sono trovati costretti a far salire i loro prezzi». Quindi, conclude, i rincari hanno ricadute «sull’intera filiera»: «Siamo obbligati, dopo tanti anni, a rivedere tutto». Un grido d’allarme che, pochi giorni fa, aveva lanciato anche il titolare della pizzeria Funky Gallo nel Cremonese, Alberto Rovati. 4.000 euro, in questo caso, era la somma contenuta nella bolletta che Rovati ha deciso di esporre in vetrina, chiedendo: «Quando le spese diventano insostenibili. Mettere una pizza Margherita a 10 euro e passare da ladro o chiudere l’attività?». Una sconfitta per il locale, soprattutto perché a Roncadello era rinomato proprio per i prezzi accessibili. Ma, aveva spiegato Rovati, raddoppiare il costo delle pizze era stata una scelta obbligata: «Siamo costretti. L’alternativa è chiudere l’attività».


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