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Iran, la polizia usa gli idranti contro i manifestanti che protestano per la morte di Mahsa Amini – Il video

19 Settembre 2022 - 19:48 Maria Pia Mazza
Dopo la morte della 22enne accusata di aver indossato lo hijab «in modo improprio», proseguono le proteste in tutto il paese. Secondo il «Guardian», il capo della polizia morale iraniana sarebbe stato sospeso dall'incarico. Ma da Teheran negano

Divampano le proteste in piazza in Iran dopo la morte di Mahsa Amini. La giovane 22enne, originaria del Kurdistan, è morta dopo essere stata arrestata e picchiata dalla polizia in Iran per non aver indossato correttamente lo hijab, il cui uso è obbligatorio per tutte le bambine, giovani e donne iraniane a partire dai 7 anni d’età. Le prime proteste sono iniziate durante i funerali di Mahsa Amini, quando centinaia di persone sono scese in piazza al grido di «morte al dittatore», in riferimento all’Ayatollah Ali Khamenei. Durante le manifestazioni in tutto il paese molte donne si sono tolte il velo e lo hanno alzato in aria o bruciato come segno di protesta. Durante una manifestazione nella città di Saqqez, nell’Ovest del Paese, davanti al palazzo del governatore, la polizia ha tentato di disperdere i manifestanti usando gas lacrimogeni. In altri casi la polizia ha tentato di frenare le proteste utilizzando gli idranti contro le persone scese in strada. Oltre alla morte di Amini, diverse attiviste sono state arrestate e condotte nelle carceri iraniane. Tra loro c’è anche la legale Nasrin Sotoudeh, condannata a 38 anni e 6 mesi di carcere e 148 frustate per essersi opposta all’uso del velo. Sotoudeh è stata condannata per incitamento alla «corruzione» e alla «prostituzione», derivante dal suo lavoro di avvocato di difesa delle donne che erano precedentemente state arrestate.

Rimosso il capo della polizia morale iraniana

Dopo la morte di Amini, le autorità iraniane hanno avviato indagini per capire le cause del decesso della giovane. Nel frattempo, il capo della polizia morale di Teheran, il colonnello Ahmed Mirzaei, sarebbe stato sospeso dall’incarico dopo le proteste esplose in piazza a seguito della morte della 22enne, accusata di aver indossato «in modo improprio» il velo. A darne notizia è il Guardian. Il capo della polizia di Teheran, al momento, ha però smentito la sospensione dall’incarico del colonnello Mirzaei. Nei giorni scorsi, secondo quanto riferito dalla polizia iraniana, Amini è stata arrestata per aver assunto un «comportamento immorale». Una volta fermata si sarebbe ammalata e morta per infarto, rigettando le accuse secondo cui sarebbe stata massacrata di botte dalla polizia, sino a morire.

L’uso obbligatorio dello hijab in Iran

Dopo la vittoria della Rivoluzione Islamica del 1979, che riuscì a rovesciare la dinastia Pahlavi, e dopo l’instaurazione della Repubblica Islamica, lo hijab è stato reso obbligatorio per tutte le donne iraniane a partire dall’età di sette anni. Al contempo, è stato creato un corpo di polizia apposito, denominato Gasht-e Ershad, che monitora e vigila sul rispetto di tale legge e ha potere di multare e arrestare le donne che «violano le norme morali» stabilite dalla norma. Secondo quanto previsto dalla sharia iraniana, tutte le donne iraniane sono obbligate a coprirsi i capelli e a indossare abiti lunghi e larghi per mascherare la propria figura. Chi non dovesse rispettare il codice è da considerarsi «criminale di stato» e “merita” di essere torturata e frustata. In Iran circa 40 milioni di donne, giovani e bambine vivono sotto lo stretto controllo dello Stato sul loro modo di vestire e sull’uso del velo. Gli agenti della Gasht-e Ershad, ogni giorno, vigilano per le strade della città e hanno il potere di fermare le donne che, a loro dire, risultano essere vestite in modo non appropriato e, dunque, immorale. In caso di fermo, gli agenti misurano i centimetri di capelli che sporgono dallo hijab, oltre alla lunghezza delle maniche e dei pantaloni indossati e valutano la quantità di trucco e prodotti cosmetici utilizzati dalle donne. 

Le denunce delle organizzazioni per i diritti umani

Diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno più volte denunciato la «serietà» e i pericoli collegati alla sharia iraniana. Questo perché non solo le obbligano a seguire uno strettissimo codice di abbigliamento, ma anche perché lo Stato difende deliberatamente la violenza contro di loro. Organizzazioni come Amnesty International hanno più volte denunciato che le leggi iraniane sull’uso del velo, ma anche sul modo di vestire e truccarsi. Leggi che però si scontrano con «i diritti all’uguaglianza, alla privacy e alla libertà di espressione e credo, e alla fine degraderebbe donne e ragazze, privandole dei loro diritti e dell’autostima».

Video in copertina: Twitter / @AlinejadMasih

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