Iran, 4 morti nell’incendio nel carcere di Evin. La Farnesina: «Alessia Piperno sta bene»

La 30enne arrestata in Iran si troverebbe nella sezione femminile e non in quella maschile da cui è partito l’incendio ieri

Alessia Piperno, la nomade digitale italiana arrestata nelle scorse settimane e detenuta al carcere iraniano di Evin, sta bene. Ad annunciarlo è la Farnesina, in contatto con l’ambasciata italiana a Teheran. La 30enne romana si trova infatti nella struttura dove ieri, 15 ottobre, è divampato un’incendio che ha provocato quattro morti e 61 feriti gravi, secondo gli ultimi aggiornamenti dell’autorità giudiziaria iraniana. Quest’ultima ha precisato in queste ore che le vittime sarebbero decedute a causa dell’inalazione del fumo e che 70 detenuti sarebbero stati tratti in salvo.


Dove si trova Alessia Piperno

Sulla situazione di Alessia Piperno, il Messaggero e il corrispondente dalla Turchia di Radio Radicale, Mariano Giustino, avevano anticipato che la ragazza non sarebbe stata direttamente coinvolta nell’incendio, visto che si troverebbe nella sezione femminile della struttura e non in quelle maschili 7 e 8, dalle quali sono partite le fiamme. Alcuni attivisti sui social ritengono che le fiamme avrebbero coinvolto anche le parti del carcere in cui ci sono le detenute politiche. Secondo quanto riportato nelle scorse ore da Irna, l’agenzia di stampa della Repubblica Islamica, gli scontri nel carcere non avrebbero a che fare «con i recenti disordini del paese».


Le condizioni dei detenuti e la paura delle famiglie

Reuters riferisce che le proteste sono state «domate con la repressione» e che prima che le autorità del luogo pubblicassero il bilancio delle vittime, le famiglie di alcuni detenuti politici hanno fatto appello sui social per chiedere la sicurezza dei prigionieri del carcere di Evin. Oggi, si sono radunate davanti al carcere – che nel 2018 venne inserito nella lista nera del governo degli Stati uniti per «gravi abusi dei diritti umani» – per ribadire la loro preoccupazione per la salute dei propri cari detenuti. Nel carcere in questione sono detenuti prigionieri politici e diversi manifestanti arrestati nell’ultimo mese per le proteste organizzate dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne uccisa sotto la custodia della polizia morale dopo essere stata fermata perché non aveva indossato correttamente l’hijab. Alcuni attivisti politici, tra cui il regista Jafar Panahi e il riformista Mostafa Tajzadeh, così come cittadini con doppia nazionalità come l’iraniano-francese Fariba Adelkhah, l’iraniano-americano Siamak Namazi e
iraniano-americano Emad Sharghi, erano detenuti nelle stesse celle in cui è scoppiato l’incendio ieri a Evin. Secondo quanto riferito dall’autorità giudiziaria Namazi e Sharghi avrebbero informato le loro famiglie che si trovano in buone condizioni di salute. Anche il regista Panahi si sarebbe messo in contatto con i familiari per tranquillizzarli.

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