Cosa sappiamo dell’incendio scoppiato nella notte in un appartamento a sud di Catanzaro

Gli inquirenti tendono a escludere l’ipotesi di una fuga di gas dietro il rogo in cui sono morti i tre ragazzi. La procura indaga per omicidio colposo e disastro colposo

Saverio Corasaniti, un ragazzo autistico di 22 anni, Aldo Pio di 15 anni e il 14enne Mattia Carlo sono i nomi dei tre fratelli morti la notte scorsa nell’incendio divampato nel loro appartamento al quinto piano di via Caduti 16 marzo 1978, a Catanzaro. Il resto della famiglia, i loro genitori e altri due fratelli di 12 e 16 anni si sono salvati, riportando, però, gravi ustioni. Tante ora sono le ipotesi al vaglio degli inquirenti sulle cause dell’incendio. Una su tutte – emerse in queste ore – è che non sarebbe stata una fuga di gas a provocare l’incendio. Ipotesi che troverebbe riscontro anche dalle testimonianze dei vicini di casa che hanno riferito di non aver sentito esplosioni nella notte. Intanto la procura di Catanzaro ha aperto un fascicolo, in cui si ipotizzano i reati di omicidio colposo e disastro colposo, al fine di disporre le autopsie e gli accertamenti del caso. L’appartamento di via Caduti ora è stato sottoposto a sequestro e nel pomeriggio è previsto l’intervento del nucleo investigativo dei vigili del fuoco per approfondire la dinamica del rogo che, secondo il Nia si tratterebbe di «un incendio generalizzato, che ha distrutto tutto». I Corasaniti vivevano nel palazzo realizzato dall’Aterp per “famiglie bisognose” da ormai cinque anni, dopo che nel 2016 avevano trovato la loro casa popolare distrutta e occupata abusivamente. 


Il tentativo di salvarsi e l’allarme dei vicini

L’incendio nell’appartamento di via Caduti 16 a Catanzaro è scoppiato all’1.30 di questa notte, mentre la famiglia Corasaniti stava dormendo. Due dei ragazzi morti sono stati trovati dai vigili del fuoco vicino al balcone della casa al quinto piano. Per le forze dell’ordine si tratterebbe di un chiaro tentativo da parte dei ragazzi di mettersi in salvo dalle fiamme. «Con ogni probabilità hanno tentato di raggiungerlo ma sono stati inghiottiti dal fumo e poi dalle fiamme prima di arrivarci». Il terzo fratello, invece, è stato trovato all’interno del bagno, mentre – riportano le forze dell’ordine – i sopravvissuti sono stati salvati, facendoli calare dallo stesso balcone con una scala. Prima dell’arrivo dei vigli del fuoco, però, la madre dei cinque figli – dal racconto della vicina di casa – aveva provato a chiedere aiuto dallo stesso terrazzo dell’immobile, con la bambina in braccio. «I soccorsi sono arrivati tempestivamente dopo l’allarme – ha detto ai giornalisti la vicina, il cui appartamento si trova sullo stesso pianerottolo della casa dei Corasaniti – ma non in tempo per evitare la morte dei tre ragazzi».


Una storia tormentata: l’occupazione abusiva subita nel 2016

Nel 2016 la famiglia Corasaniti è stata costretta a lasciare l’abitazione popolare dove viveva, non lontana da quella in cui stanotte è divampato l’incendio, perché al loro ritorno da una giornata al mare avevano trovato l’immobile occupato abusivamente. Una pratica, da quanto si apprende, assai frequente nella zona sud di Catanzaro, anche in relazione alla forte presenza di attività criminosa nell’area. Dopo una lunga battaglia, fatta anche di furti e minacce subite dalla famiglia, i Corasaniti dovettero lasciare la propria casa e trasferirsi nell’appartamento dove stanotte si è consumata la tragedia. La vicenda del 2016 è stata seguita dal sociologo Antonio Marziale – riconfermato dal Garante per l’Infanzia e l’adolescenza della regione Calabria a gestire anche questo nuovo caso – che ha affermato di esser stato informato «che una famiglia, tornando dal mare nel 2016, aveva trovato la propria casa distrutta. Precedentemente aveva subito furti e minacce».

E poi: «Mobilitai le Forze dell’ordine, le istituzioni comunali competenti e scattò una gara di solidarietà anche da parte di associazioni cittadine». «La famiglia – aggiunge – fu costretta a lasciare quella casa. Qualche tempo dopo la mamma venne a ringraziami personalmente in una scuola a Catanzaro, dove ero a tenere una conferenza, e portò con se i bambini, fra i quali Saverio, il più grande, autistico, morto nell’incendio di questa notte insieme ad altri due fratellini più piccoli, che mi gettò con le braccia al collo. Non ho mai dimenticato quel ragazzo ed oggi prego perché la mamma, che continuava a chiamarmi anche quando cessai il ruolo di Garante per chiedere aiuto per la situazione di Saverio, si salvi insieme agli altri componenti della famiglia feriti». Una possibile tragedia annunciata – continua Marziale – che però non vuole spingersi oltre perché, secondo il sociologo, mancherebbe di «rispetto alle indagini degli inquirenti preposti a fare luce sulla tragedia». Quello su cui è certo, però, è che nella famiglia Corasaniti, «il disagio era palpabilissimo, aggravato dal peso di un figlio gravemente malato e in un territorio privo di strutture assistenziali preposte a quel tipo di cure», ha concluso.

Un quartiere diventato negli anni preda della criminalità organizzata

Nella zona sud di Catanzaro, compresa tra il quartiere Lido del capoluogo calabrese e il centro, si trova un agglomerato di quartieri – Aranceto, Pistoia e Corvo – dove negli ultimi anni si sono verificati episodi relativi a spaccio di droga, case occupate abusivamente, allacci illegali alla rete elettrica, arsenali di armi e traffici di ogni tipo. Ed è proprio in quella stessa zona che Comune e Aterp hanno realizzato gli edifici popolari per “persone più indigenti” e dove risiedeva anche la famiglia Corasaniti. Ma c’è di più. Come attestano molte inchieste della magistratura, quella zona è il quartier generale della ‘Ndrangheta e territorio della criminalità rom.

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