Ginnastica, la lettera dell’ex capitana azzurra Marta Pagnini: «Il nostro sport è anche disciplina»

L’ex Farfalla, ora giudice internazionale, interviene sulle denunce che nelle ultime ore hanno scosso la Federazione. «Non è stato facile neanche per me ma esistono anche allenatori seri»

«La ginnastica ritmica è disciplina che le atlete imparano fin dai primi giorni di palestra e senza distinzione di livello». A parlare delle rivelazioni che nelle ultime ore hanno scosso la Federginnastica è l’ex capitana delle Farfalle azzurre della ritmica Marta Pagnini. Due volte oro Mondiale, bronzo a Londra 2012 e capitano a Rio nel 2016, ha deciso di dire la sua sulle denunce di violenza psicologica fatte contro la Federazione dalle ex ginnaste Nina Corradini, Anna Basta e Giulia Gualtarossa. «Ho dovuto far fronte nel mio percorso a tanti ostacoli, alcuni fisiologici e altri assolutamente evitabili», racconta Pagnini, ricordando come la scelta di praticare sport agonistico avvenga di solito in giovane età, «oserei dire giovanissima nel caso della ginnastica ritmica». La lettera inviata ad Ansa continua: «Il nostro sport é ricco di sfaccettature, è affascinante tanto quanto complesso, gli allenamenti sono fatti di infinite ripetizioni alla ricerca del gesto perfetto e, allo stesso tempo, si lavora sulle emozioni sviluppando la componente espressiva e quella artistica». L’ex capitana sottolinea uno degli aspetti che definisce «fondamentali» per lo sport che ha praticato fin da bambina: «La grande disciplina che viene presto appresa dalle atlete, fin dai primi giorni in palestra e senza distinzione di livello: dalla pettinatura alla postura, dalla cura del proprio corpo al rispetto per le compagne e per gli insegnanti. Nel mio percorso ho dovuto far fronte a tanti ostacoli, alcuni “fisiologici”, classici del percorso di una ginnasta, altri assolutamente evitabili e che hanno lasciato piccole o grandi ferite nel mio cuore di bambina, adolescente e poi donna».


«Mi rivolsi privatamente a uno psicoterapeuta e a un nutrizionista»

Marta Pagnini ora ricopre il ruolo di giudice internazionale per le competizioni di ginnastica ritmica: «La ginnastica si evolve continuamente, io in qualità di giudice internazionale devo imparare regole e norme sempre nuove, che si adattano ai tempi moderni di anno in anno», spiega. «Questa crescita avviene parallelamente anche in altri settori, non solo in quello tecnico. Ricordo che ai miei tempi mi rivolsi privatamente, con il supporto della mia famiglia, a figure come una psicoterapeuta e una nutrizionista, dalle quali mi sono fatta seguire nei miei ultimi anni». Figure che negli ultimi anni sono state inserite nello staff della Nazionale. Una scelta condivisa dall’ex capitana: «Lo trovo un progresso importante, segno che stiamo andando nella giusta direzione e che anche i grandi risultati stanno contribuendo senz’altro alla possibilità di inserimento di importanti risorse a tutela delle atlete e non solo».


«I disturbi alimentari? Non riguardano solo la ginnastica»

La nascita di gravi disturbi alimentari è una delle parti più dure dei racconti fatti dalle ex ginnaste. Dalla pesa mattutina agli insulti per aver messo due etti in più, il cibo per le giovanissime atlete è presto diventato uno dei peggior nemici da dover combattere. «Non ho mai sofferto personalmente di disturbi alimentari», racconta Pagnini, «ma so che sono un fenomeno diffuso tra le giovani e non solo, e non riguardano soltanto il mondo della ginnastica. Ho avuto modo di leggere le dichiarazioni di altre ex ginnaste che ne hanno sofferto ed esprimo loro la mia solidarietà. É una realtà triste ma non è la sola, il nostro sport ha anche tanti aspetti meravigliosi, allenatori seri e capaci e tantissime storie a lieto fine!». L’ex capitana torna ancora sulle denunce delle ginnaste: «Ciò che è avvenuto in questi giorni ha portato una grande attenzione su questi temi e la Federazione ginnastica sta indagando seriamente sull’accaduto, affinché vengano messi in atto i giusti provvedimenti». Da qui anche un appello: «Colgo l’occasione per invitare tutte e tutti coloro che abbiano necessità di aiuto ad utilizzare un importantissimo strumento messo a disposizione proprio negli ultimi mesi dalla Federazione, che si era mossa in via preventiva su questi temi, ovvero il “safeguarding officer“. Trovo questo strumento il motore di una doverosa trasformazione all’interno del nostro mondo, sulla scia di Paesi che ad oggi sono leader in questo campo e che hanno fatto da apripista già da tempo». E infine: «Chiedere aiuto o effettuare segnalazioni é un diritto ed un dovere di ciascun atleta poiché è interesse di tutti vivere lo sport come un luogo di confronto, crescita e apprendimento».

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